Alla domanda risponde Elena Duso in un utile tascabile uscito per Carocci nella serie Faber.
Il libro si chiede innanzitutto se, a dispetto di chi privilegia l'approccio comunicativo all'apprendimento di una seconda lingua, la riflessione sulle strutture affidata allo studio grammaticale sia opportuna e produttiva - se non altro per una lingua, come l'italiano, di lunga tradizione scritta e di grande ricchezza morfosintattica.
La domanda è legittima dal momento che la capacità di riflessione metalinguistica si sviluppa naturalmente nella propria madrelingua, interrogando le proprie competenze spontanee: ciò che non accade "con una L2, soprattutto all'inizio, quando si ha un accesso molto limitato all'input e manca la capacità di distinguere le forme corrette" - come si legge a p. 92.
La risposta è comunque positiva, almeno per certi livelli di conoscenza della lingua che si vogliano raggiungere, e per apprendenti che vogliano andare oltre i bisogni comunicativi immediati, avendo perso la capacità infantile di acquisire in modo spontaneo anche una seconda lingua.
Ma quale grammatica utilizzare allo scopo? Innanzitutto una grammatica descrittiva, che guidi a osservare l'uso reale della lingua, in contesti più e meno formali. Sarà inoltre necessaria una grammatica essenziale e graduale, che selezioni e metta in sequenza nel modo più adeguato gli oggetti di riflessione.
Sul piano delle metodologie didattiche, gioverà la familiarità con una serie di concetti, come quello di "interlingua" di apprendimento (che aiuta a capire le tappe di acquisizione delle diverse strutture e i possibili errori evolutivi, legati cioè a ipotesi che l'apprendente fa a partire dai dati cui è esposto) e quello di focus on form, ovvero di messa a fuoco delle forme linguistiche attraverso strategie guidate. Insomma: ricordiamoci che le lingue non si imparano per imitazione di parlanti modello, che gli errori non sono sempre sempre dovuti all'interferenza con le lingue di partenza e che per avanzare nella padronanza di una lingua non conta solo la capacità di "lanciarsi" nella produzione individuale seguendo il contenuto, ma è altrettanto importante la capacità di concentrarsi sulle forme specifiche e sulle regolarità osservabili nella lingua di arrivo (spesso ciò avviene nella fase silenziosa dell'apprendimento).
La metodologia del focus on form viene utilizzata per mettere alla prova il modello della grammatica valenziale su un nodo complesso dell'apprendimento dell'italiano: il noticing (cioè la capacità di notare, riconoscere) e l'uso corretto dei clitici, cioè dei pronomi personali deboli (mi, ti, ci, si, vi, la, lo, le, gli ecc.), e delle altre particelle atone (ci, ne) che si appoggiano alla forma verbale da cui dipendono (e di cui esprimono degli argomenti), talora fondendosi con il verbo stesso.
Non mancano nel libro proposte di attività per classi plurilingui e una rassegna delle grammatiche pedagogiche più utili sia per l'insegnante sia per studenti di italiano come L2, tra cui un volume della stessa Duso di cui abbiamo già parlato qui.