Avete mai pensato alla città come a un fraseggio? Avete mai guardato al paesaggio da una prospettiva linguistica?
Jean-Christophe Bailly, filosofo e storico francese del paesaggio, ci consegna con questo libro una riflessione originale sulla struttura delle nostre città, che non rispondono più (come nel passato) a progetti unitari e ci parlano ormai con "verbi non coniugati". Il fraseggio urbano è composto di enunciati nominali in cui verbi all'infinito e nomi appaiono giustapposti anziché subordinati l'uno all'altro all'interno di un chiaro disegno complessivo.
Una città è una somma di combinazioni realizzate e, ogni volta, in ogni percorso, la realizzazione di una nuova combinazione, di una nuova frase (p. 34).
Sono arrivata a questo libro, tradotto in italiano nel 2016 per Bollati e Boringhieri, attraverso un altro piccolo testo, apparso in francese quest'estate: Naissance de la frase (Nous, 2020), in cui Bailly si allontana dalle quinte del paesaggio per riflettere sull'origine del linguaggio (nella specie umana e in ciascuno degli esseri umani che vengono al mondo). Nel primo dei due saggi che compongono la raccolta, Bailly conia (e coniuga) un verbo, phraser, per dire la potenza ri-creatrice della lingua che cerca un ritmo per uscire dal silenzio originario (ce monde dénué de noms et de verbes) e dire l'indicibile. Al centro, di nuovo, c'è la frase, non le parole, unità isolate.
Dès lors qu’une phrase s’invente, elle rejoue le scénario pourtant à jamais inconnu de la naissance du langage.