Come molte opere nate dall'esperienza di insegnamento e di ricerca di italianisti all'estero – capostipite La lingua italiana. Storia, varietà dell'uso, grammatica, di Giulio e Anna Laura Lepschy (Bompiani 1981); seguita dalla Grammatik der italienischen Sprache di Christoph Schwarze del 1988 (ed. it. Carocci 2009); ma penso anche ai numerosi e importanti lavori di Emilio Manzotti e Angela Ferrari – questa guida ha il merito di mettere a fuoco le regole fondamentali dell'italiano per studenti madrelingua e stranieri, guardando ad analoghi strumenti di consultazione disponibili per le lingue europee più che alla nostra conservatrice e ipertrofica tradizione di grammaticografia scolastica.
La trattazione, inoltre, unisce aspetti teorici (descrizione delle strutture, standard e marcate, secondo le più aggiornate teorie linguistiche) e pratici (di pronto soccorso linguistico per i dubbi grammaticali).
Scrive l'autore nella prefazione:
La grammatica tradizionale non è rifiutata: è il punto di partenza di riflessioni e considerazioni che, talvolta, la superano, non senza discuterne le ragioni. In questo modo il lettore è guidato, potremmo dire, dalla grammatica – intesa come insegnamento scolastico – alla linguistica – intesa come disciplina scientifica –. Questo salto non è fine a sé stesso: permette di risolvere alcuni dubbi che l’analisi tradizionale non riesce a togliere agli studenti e agli appassionati di lingue. Anche la scelta del vocabolario risente di questa impostazione: parole come complemento, frase, proposizione, soggetto, appartenenti alla terminologia della tradizione grammaticale, sono largamente ricorrenti; i termini della linguistica estranei a questa tradizione sono spiegati al momento della loro prima occorrenza o inseriti nel glossario finale.
Il capitolo I è dedicato ai concetti preliminari della sintassi: la distinzione tra parola/sintagma/frase, tra frasi dichiarative ed enunciati performativi (in tutto il libro è ben chiara la distinzione e intersezione tra piano sintattico e piano semantico). Il cuore del libro è rappresentato dalla descrizione delle strutture sintattiche: la frase semplice, la frase complessa e le strutture marcate (frasi segmentate, scisse, a tema sospeso ecc.).
Avrebbe forse giovato alla chiarezza una scelta più coraggiosa tra terminologia di stampo generativista (sintagmi e modificatori di SN, SV, F) e quella valenziale (nucleo, argomenti ecc.), e tra terminologie valenziali diverse. Per chi si accosti a questi concetti, un eccesso terminologico può alimentare la confusione e il sospetto.
Nella descrizione della frase semplice (cap. II) è adottata in effetti la prospettiva valenziale, con la distinzione tra nucleo e margini della frase, soggetto e oggetto, argomenti diretti e indiretti (in linea con la descrizione di Prandi-De Santis 2011), ma compare anche la distinzione tra circostanti ed
espansioni (Sabatini-Camodeca-De Santis 2011) e un grafico radiale che ricorda quelli - imitatissimi - di Sabatini:
Nella descrizione della frase complessa è ben messa a fuoco la distinzione fondamentale tra frasi argomentali (soggettive e oggettive), incassate nel nucleo, e frasi non argomentali (che espandono il nucleo di frase o un suo costituente). Anche i livelli di incassatura delle frasi (coordinate/
subordinate, subordinate di I/II/III grado) è opportunamente chiarita con l'aiuto di grafici a scala.
Importante, nella trattazione dei diversi tipi di subordinate, la distinzione tra esplicite ed implicite con le rispettive restrizioni sintattiche: la coreferenza del soggetto, obbligatoria in caso di costruzione con un infinito o un gerundio, è un dato sconosciuto (nella teoria e nella pratica) a troppi.
Sono giustamente sottolineate anche le restrizioni legate alla scelta di una certa congiunzione: con siccome la causale si mette prima della principale, con perché la segue sempre.
Compaiono inoltre "zoom" sotto forma di box su tipi di subordinate trascurate dalle grammatiche tradizionali (per esempio le causali inferenziali, costruite mediante giustapposizione, e le causali metalinguistiche, che esprimono la causa del detto anziché la causa del fatto).
Particolarmente dettagliata e complessa, nel capitolo dedicato alle frasi marcate, mi sembra la spiegazione della legittimità della costruzione "a me mi" (sulla quale aveva scritto pagine molto chiare e decisive Monica Berretta): forse bastava dire che l'elemento dislocato (a me) ha valore di "tema" e il resto è il "rema". Lo stesso fenomeno, del resto, si ha quando il pronome ha funzione di soggetto: Io, per me, ... (di montaliana memoria). Ma l'abbondanza di argomenti dovrebbe quantomeno insinuare il dubbio in tanti strenui difensori del logicismo grammaticale.
Insomma, nel complesso, un'opera maneggevole (e come tale economica), che sa selezionare, miscelare e filtrare i migliori apporti della grammaticografia dell'ultimo decennio. Restituendo un quadro complessivo, a volo d'uccello, di come appare il territorio della grammatica dopo il terremoto che ha fatto crollare molte certezze e ridimensionato, almeno agli occhi più avvertiti, la presuntuosa e vana torre dei complementi.