Da alcuni anni le nostre abitudini di viaggiatori sono cambiate: la frequenza degli spostamenti aerei e le restrizioni di spazio imposte dai voli economici ci hanno costretti a ridurre il formato delle nostre valigie e a selezionare in modo più attento il necessario per la vacanza o il viaggio di lavoro.
Se all'inizio la sensazione prevalente era quella di sacrificio, di faticosa rinuncia, oggi ci sentiamo sollevati nel partire leggeri e nell'arrivare agilmente alla meta, senza l'impaccio dato da un bagaglio ingombrante. Messe in soffitta le vecchie valigie rigide, abbiamo imparato a spostarci con bagagli a mano di dimensioni ridotte. Senza per questo sentirci più poveri o meno vitali. Al contrario: la sobrietà (la decrescita, in economia) diventa la premessa per una nuova di forma felicità (intesa non solo come soddisfazione, ma come appropriatezza al contesto).
Proviamo a trasferire questo ragionamento alla riflessione grammaticale: è davvero necessario mettere nella nostra valigia di insegnanti tutti i contenuti che la tradizione ha tramandato e che, a un'analisi ravvicinata, si rivelano "un coacervo di concetti, nozioni, tecniche di analisi accumulatesi nel corso della storia della cultura" - come scriveva già nel 1978 Monica Berretta?
Non sarebbe forse opportuno, per favorire l'auspicato
"ritorno alla grammatica", alleggerire il bagaglio per renderlo più funzionale alla riflessione sulla lingua e al lavoro sui testi?
Del resto, basta confrontare l'indice di una grammatica italiana con quello di una grammatica di qualsiasi altra lingua europea per rendersi conto della superfetazione di argomenti e distinzioni interne che appesantiscono le nostre trattazioni. Le grammatiche scolastiche, in particolare, indugiano su definizioni inadeguate e pratiche tassonomiche che - nella migliore delle ipotesi - dovrebbero preparare allo studio della sintassi latina (e, più in generale, allenare il pensiero astratto), ma che intanto costituiscono una zavorra che ostacola il traguardo delle competenze.
Perché in ambito scolastico la competenza - vale la pena ribadirlo - non va intesa come la conoscenza approfondita (e troppo spesso anticipata) di contenuti astratti, ma come capacità di ancorare le conoscenze riflesse alle intuizioni del(la) parlante e alla pratica dei testi.
L'obiettivo della didattica della grammatica non dovrebbe essere quello di "preparare al liceo" - come si sente dire in tante scuole secondarie di primo grado - ma mettere ragazze e ragazzi nella condizione di far ricorso alle proprie risorse linguistiche per affrontare compiti comunicativi sempre più complessi (compreso lo studio delle lingue classiche).
Che cosa mettere, allora, nella valigia grammaticale? Ogni insegnante sceglierà il proprio percorso, il manuale, il modello che riterrà adeguato allo scopo (come suggeriscono anche le più recenti
Indicazioni nazionali). Ma senza perdere di vista gli obiettivi irrinunciabili: dare un fondamento scientifico allo studio riflesso della lingua (iniziando con lo sfoltire e rinnovare i contenuti grammaticali) e rispettare la gradualità degli apprendimenti (lavorando nella direzione di un curricolo verticale).
Che cosa abbiamo da perderci? Nulla di irrinunciabile. E da guadagnarci? La motivazione (nostra e delle/gli studenti), la competenza linguistica, il piacere del viaggio nei testi.