sabato 6 giugno 2020

La lezione della cipolla: "Quante parole conosci?"



La scuola volge al termine. Una fine inconsueta, che conclude un trimestre altrettanto "fuori dalle righe".
Quest'estate, più che mai, ci sarà bisogno di buone letture e magari di qualche attività che accompagni ragazze e ragazzi a riflettere in modo autonomo sulla lingua, partendo dal livello più accessibile e divertente: il lessico.

Il libro di Nicola Zuccherini (insegnante di scuola primaria e ricercatore del gruppo GISCEL Emilia Romagna) è la mia scelta per voi.
Si intitola Quante parole conosci?, ma il numero su cui verte la domanda è solo un pretesto, l'occasione per mettersi alla prova prima di cominciare.


Come scrive l'autore nella Premessa, "per usare bene le parole non basta conoscerne tante, occorre anche sapere come funzionano, come sono strutturate, come si associano le une alle altre".
Intanto, però, aiuta sapere quanto ampia e solida è la base da cui partiamo. O di quanti strati si compone, per riprendere l'immagine della cipolla in copertina (la grafica in questo volume non è esornativa, ma collabora con testo e immagini alla costruzione di una proposta educativa efficace).
Si parte perciò con un test a punti, e con un test a punti si finisce.

In mezzo, però, c'è tutto quello che serve per rimpolpare la cipolla:
- le parole per dire e per agire (dove si lavora sulle reti semantiche e sulle inferenze)
- com'è fatta e come funziona una parola (dove si impara a smontare e rimontare il meccanismo che è alla base della formazione delle parole)
- le parole che lavorano insieme (dove si ragiona sulle solidarietà lessicali e sui modi di dire
- usare la parola giusta (per imparare a scegliere tra parole diverse quella più appropriata al contesto)
- le parole delle discipline di studio (dove si impara a riconoscere i termini specifici delle scienze, della matematica, della storia, della geografia...)   
- che cosa fare con un dizionario (per imparare a usare il libro più pesante non solo come fermaporta o pronto soccorso linguistico) e che cosa fare con le parole nuove che scopriamo (di quali dichiararsi innamorati, quali scegliere per definirsi e raccontarsi).

Il libro è rivolto a ragazzi di IV e V primaria, ma io lo consiglio anche ai più grandi, insegnanti curiosi inclusi. Con un auspicio: niente più lacrime sulle poche parole e povere dei nostri ragazzi! 


P.S. Per l'insegnante che volesse saperne di più sul lessico, c'è un bel libro curato da Federica Casadei e Grazia Basile, Lessico ed educazione linguistica (Carocci, 2019), in cui si ritrovano tutti i concetti sui quali questo agile libretto fa riflettere e lavorare autonomamente ragazze e ragazzi.  

martedì 5 maggio 2020

Tempo di... gite virtuali (a Recanati con Giacomino)

Avete voglia di fare una gita a Recanati per andare a trovare Giacomo Leopardi bambino?
Seguiteci su "La vita scolastica"...
Scopriremo insieme che si può rimanere vitali e vivaci, pur sapendo che "non tutto andrà bene"...



Questa è la copertina del nostro libro di bordo


E per i più grandi... un viaggio nei verbi dell'Infinito...

POSTILLA (sempre per i più grandi): non sappiamo se l'ermo colle sia davvero il Monte Tabor o una reminiscenza letteraria: un sintagma incontrato nei versi dell'amato Tasso, magari...  come il nome Silvia della poesia eponima (che verrebbe da un sonetto del Lasca), e tanti altri inserti che abilmente Leopardi recupera dalla poesia dei secoli precedenti, rivitalizza e rimette in musica. 
Però quel colle è lì, a Recanati, accanto a casa Leopardi: di certo Giacomo bambino lo avrà percorso. E la "rimembranza" di quella "età fiorita" è ciò che dà calore ai suoi versi maturi, come il poeta stesso scrive nel suo Zibaldone di pensieri. L'infanzia, il "tempo primo", è il deposito di un sentire cui si può sempre attingere per estrarre materiali preziosi, proprio come la tradizione letteraria... 

sabato 2 maggio 2020

D come distanza

Parlando con insegnanti che lavorano con la grammatica valenziale, torna spesso un tema, percepito come problema (non amo il termine "criticità", per questo non lo uso; tantomeno "tematica" e "problematica").
Tema-problema: le difficoltà che si incontrano nel definire con esattezza la posizione dei diversi costituenti della frase via via che dal nucleo (il verbo con i suoi argomenti) ci si allontana verso la periferia (circostanti, espansioni, modificatori, margini: la varia terminologia già riflette la delicatezza della questione a livello teorico).
Un problema di distanza (che è il contrario, in qualche misura, di "valenza", il legame che tiene unite le parti essenziali della frase).

Distanza è diventata una parola chiave della nostra quotidianità. Da distanza abbiamo formato (ricalcando l'inglese) il termine distanziamento (sociale). 
La "distanza sociale" è stata finora un concetto di classe, il modo in cui una parte della società, che ha di più (denaro e potere), si protegge da un'altra parte che ha di meno, ma è ben più numerosa.
Il libro Cuore di Edmondo De Amicis ci ha offerto un ritratto indimenticabile di questa realtà nella scuola postunitaria. Una scuola in cui la distanza era solo metaforica: classi sovraffollate e pochi monumentali banchi di legno inchiodati al suolo rendevano inevitabile la prossimità tra bambini appartenenti a classi sociali diverse. Così Carlo Nobis "vorrebbe avere un banco per sé solo, ha paura che tutti lo insudicino, guarda tutti dall'alto in basso, ha sempre un sorriso sprezzante sulle labbra: guai a urtargli un piede quando si esce in fila a due a due". La distinzione sociale si affidava, nell'impossibilità di eludere il "prossimo" maleodorante, a un atteggiamento di sprezzatura.
La distanza è in qualche modo connaturata all'essenza di un altro protagonista della letteratura sui (o fuori dai) banchi di scuola: Pinocchio. Non a caso, lo storico Carlo Ginzburg ha voluto intitolare Occhiacci di legno le sue Riflessioni sulla distanza (dieci nella nuova edizione uscita nel 2019 per Quodlibet).
«Occhiacci di legno, perché mi guardate?» chiede Geppetto sorpreso al burattino che ha appena intagliato e già ha preso vita. Il taglio modella e separa l'altro, che si dà immediatamente nella sua distanza straniante. In questa distanza si stabiliranno la relazione e il patto educativo (continuamente eluso e rinegoziato) tra il falegname e la sua creatura. Così come nella distanza (critica) dal suo oggetto si costituisce il sapere storico.

Vale la pena ricordare questi episodi prima di affrontare il tema, oggi al centro dei dibattiti, della DAD: la Didattica a Distanza, la "teledidattica" potremmo anche dire (qualcuno parla di smart learning, addirittura), mediata da dispositivi elettronici e da programmi collaborativi.
"Si stende, sulla Distanza, tutta una rete di comunicazioni" - scriveva Emilio Tadini in un prezioso libretto di riflessioni, La distanza, pubblicato da Einaudi nel 1998. Perché la distanza è anche ciò che il nostro desiderio vorrebbe annullare, e che si dissolve nel gesto dell'abbraccio.


                                                                                                                     Emilio Tadini, Fiaba (2000)

Come nelle fiabe, in cui il "cammina cammina " colma d'un tratto distanze immense, in questi giorni senza abbracci la connessione Internet (ove presente) ci consente di raggiungere bambine e bambine, ragazzi e ragazze, nelle loro case. Di portare la nostra immagine, la nostra voce, dei contenuti. E insieme di vedere quelle distanze che i banchi di scuola spesso nascondono: la mancanza di dispositivi adatti, di una connessione stabile, di un supporto alle attività didattiche; il sovraffollamento abitativo, la conflittualità familiare, la demotivazione che spinge a spegnere la telecamera o silenziare il microfono; l'assenza o viceversa la presenza invadente dei genitori. Di scoprire, anche, le nostre vulnerabilità di educatori o educatrici, alle prese con l'imprevisto, con l'incertezza, con la fatica di ascoltare per essere ascoltati, con l'insofferenza nel rivelarci meno esperti e scaltri dei nostri discenti, meno pazienti di quanto credessimo.
Perché nella distanza è insita una complessità che solo un entusiasmo incauto ci consente di ignorare, e che la buona volontà può aiutarci ad "accorciare", ma non basta a "colmare". Dovremo tenerlo a mente, dato che ci aspetta un lungo periodo in cui dovremo imparare a misurare e mantenere le distanze.  E a ripensare gli spazi e i tempi scolastici per garantirle.
Continuare a misurarci con la distanza, insomma, senza rassegnarci ad essa, rimettendola anzi continuamente in questione, almeno finché durerà la didattica dell'emergenza.

A questo link è possibile leggere il Documento per la ripresa della vita scolastica firmato da Rita Librandi, Claudio Giovanardi e Francesco Sabatini per l'Accademia della Crusca e l'ASLI scuola.

Qui si può leggere Se una sera di maggio un'insegnante, la lettera sulla consapevolezza, la responsabilità e l'orgoglio (che nasconde la fatica) scritta da un'insegnante (Elena Martinelli) in tempi di COVIdidattica.