sabato 19 gennaio 2019

Mad Libs, ovvero l'analisi grammaticale al contrario


 


Fabbri editore ha lanciato lo scorso anno una collana di libri a tema a forma di block notes, arrivati dagli Stati Uniti (dove furono inventati negli anni '50 da due studenti in difficoltà, Roger Price e Leonard Stern): i Mad Libs (r).
Si tratta di libri gioco, anzi, di veri e propri giochi di società (ma si può giocare anche da soli), con semplici regole spiegate nelle prime pagine.

Non sono giochi qualunque: sono giochi di parole basati sulla tecnica del cloze, del "buco" da riempire all'interno di un testo. Per riempire i buchi della storia ci si può sbizzarrire con la fantasia (l'obiettivo è proprio quello di inventare "storie matte"), ma bisogna attenersi all'indicazione presente sotto lo spazio bianco, che è un'indicazione grammaticale: NOME, AGGETTIVO, AVVERBIO, VERBO, con le eventuali sottocategorie (es.: aggettivo f.s., nome m.p).

Insomma, per giocare dobbiamo fare l'analisi grammaticale... al contrario: bisogna risalire dalla categoria alla parola, scegliendo la parola con una libertà tanto più grande quanto più ampio è il nostro vocabolario.

Per rendere il gioco non troppo complicato, sono richieste solo parole "piene" (non parole funzionali come articoli, preposizioni, congiunzioni).
In alcuni casi si chiede di inserire un gruppo di parole: un sintagma nominale (es. UN + NOME M.S.) o un sintagma preposizionale (es. DEI + NOME M.P.).
Per i nomi, in alcuni casi vengono aggiunte restrizioni semantiche (es. nome di parte del corpo); in altri casi, la scelta è condizionata dalle collocazioni (es. sale in zucca).
Gli aggettivi richiesti sono solo quelli qualificativi.
Per avverbi si intendono solo quelli in -mente.
verbi da inserire sono solo all'infinito (perché compaiono in frasi dipendenti di forma implicita).

Se si gioca in gruppo, un "lettore" leggerà una storia (senza rivelarne il titolo) chiedendo via via agli altri giocatori di riempire i buchi.in modo da soddisfare la richiesta grammaticale.

Se si gioca da soli (conoscendo il titolo della storia), prima si riempie la lista delle parole fuori contesto, poi si passa a trascriverle nei rispettivi "buchi", in modo da rendere più impensato e fantasioso il risultato.

«Non esiste nulla di più avvilente che vedere un bambino trattare le classi di parole come le tradizionali “parti del discorso”, “riconoscendo” una determinata categorie di parole come “sostantivi” e ripetendo pappagallescamente, allorché gli viene chiesto cosa intenda per sostantivo, che esso indica “persona, animale o cosa”.» (J. Bruner, 1967)




E se invece di avvilirci e avvilire i ragazzi, provassimo a giocarci su, ragionando a partire dai testi? Perché di concetti come "nome" o "verbo" non possiamo far(n)e a meno, ma se partiamo dalla definizione (peraltro banalizzata e fuorviante) abbiamo già perso la partita...

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