È da poco uscito un libro dedicato al punto e virgola, che ricostruisce la storia del segno e le sue funzioni nella lingua scritta.
Si tratta davvero di un segno "ostico" e ormai in via di estinzione?
Il suo uso è da leggere come segno di distinzione? O magari come iconica strizzata d'occhio?
La parola a Paola Baratter, che ha risposto per iscritto a queste e ad altre domande.
La parola a Paola Baratter, che ha risposto per iscritto a queste e ad altre domande.
Non lo definirei ostico, ma certamente il suo uso non è immediato. A differenza del punto o della virgola, per i quali ci sono alcune regole precise che indicano quando usarlo e quando non usarlo (pur lasciando grande spazio allo stile dello scrittore), per il punto e virgola non ci sono casi in cui deve essere obbligatoriamente usato, tanto che ci sono molti scrittori di professione che non lo usano; e anche alcuni che se ne vantano. Fa eccezione il suo impiego come separatore seriale quando tra gli elementi di un elenco sono già presenti delle virgole. Ma quella che presenta elenchi complessi è una prosa piuttosto articolata e quindi non molto diffusa; forse sta proprio in questo il suo essere un segno di distinzione. E comunque l’alternativa semplificatoria c’è: chiudere la frase con un punto e recuperare gli altri elementi in una nuova frase.
Possiamo fare anche a meno del punto e virgola, certo, ma per raggiungere un grado di efficacia comunicativa comparabile è necessario essere scrittori molto competenti.
Comunque il punto e virgola non è in via di estinzione. Nella prosa formale - giuridica, saggistica e anche narrativa - è usato frequentemente e con grande soddisfazione di tutti; in quella informale, specialmente digitale, caratterizzata da brevità e enfasi, fa capolino come faccina ammiccante.
Nel libro le funzioni del segno sono riassunte con una terna: enumerare,
argomentare e isolare. In quale di queste funzioni il segno si mostra più vitale? Da cosa è stato rimpiazzato nei testi in cui non compare? Ci ha guadagnato più il punto, o la virgola?
Il segno esprime la sua piena vitalità nell’isolare: parole, sintagmi,
frasi. Con questa funzione è usato in letteratura, tanto in prosa che in
poesia, e nella scrittura giornalistica brillante. Si tratta di un uso
strettamente comunicativo e, in quanto tale, difficilmente rimpiazzabile. E
quindi il suo cadere in disuso non porta guadagno per nessuno, si perde tutti.
Nella prosa formale, soprattutto in quella giuridica, resiste bene nel suo
uso più tecnico visto sopra: lo troviamo molto spesso negli elenchi puntati.
Qui, quando manca, a guadagnarci (o meglio, a fare il lavoro al suo posto) è la sintassi, cui tocca riempire i buchi di un elenco complesso che
necessita di essere smembrato.Nella prosa saggistica e in quella narrativa il suo uso tipico è davanti a un connettivo forte, frequentemente di tipo dichiarativo (infatti) o avversativo (ma). In questo caso è talvolta rimpiazzato dal punto, che amplifica il passaggio argomentativo.
Come studiosa, ti sei occupata anche di grammatica valenziale. Il punto e virgola è un segno che sembra sfuggire alle maglie della sintassi: il suo valore si comprende meglio all'interno della dimensione del testo. Sei d'accordo? Ritieni che anche la dimensione prosodica influenzi la scelta?
Se usiamo il punto e
virgola nella sua funzione più tecnica il suo comportamento è analogo a quello
di una virgola seriale e quindi lo possiamo trovare a qualsiasi livello;
altrimenti, ed è il caso più frequente, il segno coincide con un confine di
frase a va quindi a interessare il testo nel suo complesso. Talvolta lo
possiamo trovare nel nucleo di una frase, con la funzione di isolare un
argomento del verbo, ma si tratta evidentemente di un uso comunicativo non
adatto a tutti i tipi di testo.
Riguardo ai rapporti con
la prosodia bisogna innanzitutto ricordare che, contrariamente al luogo comune,
la punteggiatura moderna non ha lo scopo di aiutare la lettura ad alta voce, ma
piuttosto di guidare il lettore silenzioso nella decifrazione del testo e nel
riconoscimento dei rapporti di gerarchia tra le parti, nonché qualche volta di
stupirlo con una scelta antisintattica. Pur ammettendo che alcuni segni possano
dare indicazioni per la lettura ad alta voce - penso al punto esclamativo, a
quello interrogativo o ai puntini di sospensione - questo non vale certo per
gli altri segni, e a maggior ragione per il punto e virgola, che difficilmente
possiamo distinguere da una virgola, da un punto o dai due punti in base alla
lunghezza della pausa. Come dirigente scolastica conosci la realtà delle scuole e il posto che alla punteggiatura spetta nei curricoli verticali, nei libri di testo, nelle pratiche degli insegnanti. Ci sono "punti critici", a tuo parere?
Nella scuola primaria la punteggiatura viene spesso insegnata facendo riferimento alla lingua parlata, affermando che dove nella lingua parlata c’è una pausa, nello scritto dovrebbe figurare un segno interpuntivo. Qualsiasi esperimento di trascrizione di un testo orale dimostra che le pause corrispondono solo parzialmente alla punteggiatura del testo scritto: le pause sono infatti un prodotto peculiare della lingua parlata, poco pianificata, soggetta a riformulazioni, cambi di piano e inserita in un contesto situazionale dal quale possono dipendere rallentamenti, accelerazioni, ripensamenti e enfatizzazioni. Questa confusione emerge emblematicamente nell’uso della virgola posta tra il soggetto e il verbo: infatti nell'oralità, che è per sua natura enfatizzante, spesso il soggetto è seguito da una pausa. Anche se si leggesse ad alta voce un testo scritto, la scelta interpuntiva varierebbe in base allo stile di scrittura di ciascuno di noi, e la inseriremmo non sulla base delle pause, ma ragionando sulla costruzione sintattica e sul significato trasmesso dal testo.
"La virgola vive in un punto che esprime un rimpianto congiunto" - canta Ada Montellanico, alludendo a una porta socchiusa. Quale valore "emotivo" associ al punto e virgola? Sembra anche a te che "vibri di logicità" e sia un modo per dare "respiro e profondità"?
Il punto e virgola è un segno che
chiude qualcosa, ma solo temporaneamente. Dopo il punto e virgola, prima
o poi, dovrà sempre venire un punto, ma tra questi due segni potranno trovare
spazio molte virgole e anche alcuni punti e virgola. Possiamo dire che è il segno della possibilità, una possibilità aperta a
svariate soluzioni, anche all’eventualità di un capovolgimento totale; non a
caso lo troviamo spesso davanti al ma.
Questo segno, lo ricordiamo, è stato adottato come simbolo da chi, colpito dalla depressione, lotta per uscirne.Ma c’è un altro aspetto emotivo molto forte: il segno istituisce un dialogo tra chi scrive e chi legge, il quale incontrando un punto e virgola sa che proseguendo nella lettura troverà qualcosa di correlato a quanto già letto, ma non sa in che modo: il punto di cui si compone il segno gli dice di capitalizzare quanto letto, mentre la virgola gli dice di attendere, che non tutto è come sembra.
In questo senso è logico; e al contempo profondo.
La punteggiatura è un tema che sta conoscendo un buon successo editoriale negli ultimi anni: pensi che l'interesse sia legato alle incertezze nell'uso, o magari a un rinnovato bisogno di regole e "confini"?
Ritengo che il successo editoriale di
libri sulla punteggiatura derivi dal fatto che mai come negli ultimi anni la
gente scriva. Se fino a vent’anni fa una volta concluso il percorso scolastico
le occasioni di scrittura per la maggior parte delle persone erano dovute a
eventi particolari, talvolta drammatici, oggi tutti scrivono, dal messaggio in
chat alla presentazione del proprio profilo sui social, ai commenti nel web.
Credo che questo rinnovato incontro con la scrittura abbia portato a porsi
domande sulla propria lingua e, quindi, anche sulla punteggiatura, poco
studiata a scuola e poco conosciuta. Non tralascerei inoltre il fatto che la
lingua, primo oggetto culturale, è sotto gli occhi di tutti ed è naturale che
chi voglia migliorarsi culturalmente decida di partire da lì.
P.S. Ora che avete letto l'intervista, divertitevi a tornare indietro e a osservare la trama dei ; nel testo.
P.S. Ora che avete letto l'intervista, divertitevi a tornare indietro e a osservare la trama dei ; nel testo.
Ho letto con piacere ed attenzione questo articolato articolo. Io uso il punto e virgola come un "inchino" nei confronti della fase che precede, per poi in qualche "modo" replicare, anche argomentando un ulteriore, o per sorprenderla in un espicato ulteriore.
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