venerdì 19 aprile 2019

Alla scoperta del nucleo della frase (n. 9 La Vita scolastica)


E' uscito il nuovo numero della rivista La Vita Scolastica (online da fine mese).
Da pagina 40 a pag. 55 troverete un percorso didattico che, a passi piccoli e cauti, porta bambine e bambini alla scoperta del nucleo della frase, attraverso attività motivanti che si appoggiano al pensiero narrativo.
Sono attività pensate in crescendo, a partire dall'oralità per arrivare progressivamente alla costruzione del testo scritto e alla riflessione sui testi letti.
Attività che ho variamente sperimentato nelle classi, in questi anni, utilizzando albi illustrati, dadi delle storie e libri ad alette; puzzle e schemi di battaglia navale.
Giochi che si fanno più seri e complessi dalla prima alla quanta: man mano cioè che le abilità di lettura e scrittura sono consolidate e che lo sviluppo del pensiero astratto consente di estrarre dall'esperienza dei testi regolarità visualizzabili all'interno di schemi.
Buona scoperta!


sabato 13 aprile 2019

Sulla punta della lingua (blog di Lavinia Capponi)

Lavinia Capponi è una giovane insegnante con la passione della lingua e della divulgazione linguistica. Ha creato un blog - inizialmente chiamato "Linguistica dei piccoli" e ora ribattezzato "Sulla punta della lingua" - per far conoscere i testi che parlano di lingua ai più piccoli.

Questa è una intervista che ha voluto farmi.
Buona lettura!

lunedì 8 aprile 2019

Fra cinese e italiano (sul libro rosso di ItaStra)



A Palermo si fanno esperienze bellissime. Ce le racconta un libro rosso nato dalla collaborazione tra l'ItaStra (Scuola di Italiano per Stranieri dell'Università di Palermo) e la SISU University di Chongqing.
L'indice del volume, curato da Mari D'Agostino e Vincenzo Pinello con Chen Ying e Yang Lin (italianiste e traduttrici letterarie cinesi), mostra l'ampiezza delle prospettive dello scambio: persone e idee in movimento, studenti in scena, letterature allo specchio.
Ho imparato moltissimo leggendo questo libro e parlando con gli amabili colleghi (Luisa Amenta e Vincenzo Pinello) che me lo hanno offerto: quanto e come si studia l'italiano in Cina, quali sono gli approcci nella didattica del cinese L2 da Matteo Ricci a oggi, come si raccontano i giovani e le giovani cinesi attraverso lo strumento dell'autobiografia linguistica (secondo lo schema proposto da Mari D'Agostino nel volume Sociologia dell'Italia contemporanea), come hanno lavorato e lavorano con la grammatica valenziale e i grafici radiali, sotto la guida esperta di Vincenzo Pinello.

Per l'apprendente cinese, difatti, il modello della verbo-dipendenza risulta particolarmente efficace, capace com'è di colmare sia la distanza di tipo linguistico tra il cinese (lingua priva di morfologia) e l'italiano (lingua dalla morfologia ricca e complessa), sia la diversità dei sistemi scolastici dei due Paesi (che Pinello ha il merito di descrivere rovesciando stereotipi diffusi sia sui presunti ostacoli legati all'apprendimento della lingua italiana da parte di studenti sinofoni, sia sul loro stile di apprendimento).
Partire dalla frase consente agli studenti sinofoni di sfruttare conoscenze sull'ordine basico degli elementi (SVO), che è lo stesso in italiano e in cinese (nonché in una lingua ponte che la/lo studente cinese conosce fin da bambino, come l'inglese); di fare leva sulla trasparenza semantica tipica della propria lingua madre (e sull'abitudine a focalizzare la dimensione semantica della parola) per comprendere la proprietà del verbo di attivare legami che sono semantici e sintattici insieme; di utilizzare le conoscenze sui modificatori del verbo cinese per identificare gli elementi che in italiano modificano il verbo o la frase, e così via.
Di grande interesse la prova di individuazione dei “circostanti del nucleo”, elementi che facilitano fortemente l’apprendimento dell’italiano da parte dei sinofoni, che sia nella lingua madre, sia nella lingua ponte, anticipano ordinariamente i modificatori del nome.

Vedere con quanto rigore e felicità euristica il collega da anni applichi il modello e gli schemi radiali, sfuggendo alla tentazione di deformarne o ibridarne terminologia e modalità di rappresentazione grafica a suo piacimento. Capire fino a che punto ci si possa spingere con apprendenti non madrelingua, arrivando a complessificare le strutture della frase semplice e a ricontestualizzarle nell'enunciato e nel testo... una lezione importante e stimolante per me e per noi. 

E poi il libro si conclude con una splendida intervista a uno dei "miei" poeti, Milo De Angelis, che offre alle studenti cinesi che lo interrogano e a noi che lo leggiamo una limpida lezione sulla lingua poetica e sulla tradizione lirica italiana. Anche di questo ringrazio le curatrici e i curatori.

P.S.: Nel volume si trova anche un ottimo quadro di sintesi sulla riflessione linguistica nell'insegnamento dell'italiano L2/LS e nella classe plurilingue, scritto da Luisa Amenta.

mercoledì 3 aprile 2019

Come se fosse un ritmo (una lettura di Antonio Porta)

Nel 1967 appariva sulla rivista "il Verri" un poemetto sperimentale di Antonio Porta intitolato Come se fosse un ritmo, poi compreso nella raccolta Cara (1969).

Diviso in 9 movimenti, privo di punteggiatura, composto di versi brevi e irrelati scritti su colonne affiancate.
Ogni verso - o la maggior parte dei versi di ogni colonna -  si compone di due parti, ciascuna scandita da un accento forte.
Si tratta di un vero e proprio "spartito di parole", pensato dallo scrittore per una lettura ritmata aperta a vari ordini possibili. Leggerlo come Porta faceva e chiedeva di fare - passando da una colonna all'altra, da una riga all'altra, perfino da una sequenza all'altra, facendosi guidare solo dal ritmo - è un'esperienza emozionante. Specie se la lettura è corale, condivisa. Affidata all'improvvisazione, alla ricerca di una sintonia che viene dall'ascolto reciproco, dal rimbalzo di parole, dalla percussione degli accenti.
Leggendolo, in aula, dopo una lezione dedicata al ritmo nella lirica più tradizionale, ci siamo accorti di una cosa stra-ordinaria.






I versi nascono dall'accostamento di un verbo alla terza persona plurale (normalmente con ellissi del soggetto) e da un argomento del verbo (di solito l'oggetto diretto, ma ci sono anche verbi con soggetto posposto, o seguiti da "complementi" accessori). Frasi minime, insomma, anche se non sempre nucleari.
Ma che importa: una poesia come questa non è fatta per essere smembrata (anche se nasce come assemblamento quasi casuale di frasi) e data in pasto alle analisi nei libri di grammatica.
Quello che conta è aver scoperto che una frase "minima" può funzionare come traccia, come unità di ritmo, oltre che di struttura sintattica. Conta cercare un ritmo, trovarlo con un po' di fortuna e poi seguirlo. Nel battere e levare di mani su un banco, di tacchi al suolo. Nel disordine programmato che qualcuno ha predisposto per noi.

N.B.: Ringrazio Rosemary Liedl Porta, che mi ha teso il testo, guidandomi alla scoperta del ritmo.