mercoledì 21 maggio 2025

Adele Corradi: qualcosa da ridire (sul libro postumo)


a cura di Cristiana De Santis e Germana Resenterra


Appena uscito in libreria per le edizioni Clichy di Firenze e per le cure mie e di Germana Resenterra, il libro rappresenta il testamento di affetti e di idee di Adele Corradi, la professoressa fiorentina che insegnò a Barbiana con don Milani negli ultimi anni di vita del Priore. 

Il libro raccoglie una serie di testi di Adele Corradi ed è corredato di una serie di ricordi: di Goffredo Fofi (che firma la prefazione), Alberto Rollo, José Luis Corzo, Alberto Maggi, Gherardo Gambelli, Pasqualina Cassella.

Pubblichiamo di seguito la Nota delle curatrici:

Il libro che avete tra le mani raccoglie testi di varia provenienza che testimoniano la lunga fedeltà di Adele Corradi (1924-2024), professoressa fiorentina, all’insegnamento pastorale di don Lorenzo Milani. 
Alcuni di questi testi erano già comparsi in appendice alla seconda edizione del volume Non so se don Lorenzo (Feltrinelli, 2017), altri sono apparsi su riviste (talora in forma di intervista), altri ancora vengono qui pubblicati per la prima volta: si tratta di lettere e testimonianze scritte che l’autrice stessa ha voluto comporre in un volume  unitario. Un libro al quale ha lavorato fino agli ultimi mesi di vita: modificando la sequenza dei testi, valutando aggiunte ed espunzioni, inserendo correzioni. 
Sempre coinvolgendo nelle scelte quella «famiglia d’elezione» fatta di più persone e varie, amiche e parenti, che - nell’accoglienza della sua casa fiorentina o a distanza, attraverso la parola scritta - hanno conosciuto la felicità di dialogare con lei negli anni del congedo dalla vita. 
La nascita e la gestazione di questo libro non sono state prive di ripensamenti. Adele ha sempre avuto un grande pudore a parlare di don Milani per la paura di non riuscire a raccontare tutta la complessità della sua figura e perché voleva restare in ombra come a Barbiana.
Lo stesso libro precedente, Non so se don Lorenzo, ha un tono dubitativo. L’ha scritto verso i novant’anni su pressante sollecitazione della sua «famiglia», che non voleva perdere la testimonianza diretta della sua preziosa collaborazione con il Priore e con la sua scuola.
Anche in questo caso, Adele era incerta se pubblicare o meno. Qualora le forze non glielo avessero permesso, sarebbe toccato a noi «rivedere» i testi senza tuttavia né aggiungere né togliere né cambiare. La casa editrice doveva essere Clichy, diretta da Tommaso Gurrieri, suo ex-alunno, con il quale aveva già preso accordi.
Nonostante l’eterogeneità delle occasioni da cui i diversi testi sono nati, unico è il disegno: invitarci a rileggere don Lorenzo Milani e la sua straordinaria, inimitabile esperienza, per ri-conoscerne la complessità di uomo, di prete, di insegnante, di testimone e interprete del dettato evangelico come della nostra Costituzione. 
Ad Adele premeva soprattutto riaffermare, chiarire, ribadire gli aspetti fondamentali del Milani. Ma ridire vuol dire anche «obiettare», proprio perché sono tanti gli equivoci su questa singolare figura. Si pensi alla famosa frase «Non bocciare», uno degli slogan del movimento del Sessantotto che - come lei precisava - innanzitutto andava riferito alla scuola media (alla scuola dell’obbligo, quindi) e voleva dire promuovere di ogni allievo tutte le capacità, colmando gli svantaggi iniziali: per non fare «parti uguali tra i diseguali» e non curare i sani trascurando i malati. 
Quanto questa lezione sia attuale, nel contesto della nostra scuola, lo ha mostrato da ultimo il ricco volume dell’economista Riccardo Cesari, Hai nascosto queste cose ai sapienti. Don Lorenzo Milani, vita e parole per spiriti liberi (Firenze, Giunti, 2023), di cui Adele raccomandava la lettura. 
Tornando al libro che abbiamo curato, tanto la dimensione corale insita nella sua genesi, quanto il movimento che ha portato alla sua composizione devono molto a quella «scrittura collettiva» che Adele aveva imparato alla scuola di Barbiana e che ha continuato a praticare come insegnante di scuola, trasmettendoci il senso e l’importanza dello «scrivere insieme» come strumento di educazione democratica.
In questo libro, insieme con le riflessioni dell’autrice sul metodo della scrittura collettiva, troviamo un piccolo prontuario per chi voglia sperimentarla in classe. Si tratta di una «scheda di lavoro» che ci guida nelle diverse fasi: l’animazione del dibattito intorno a un tema coinvolgente, la raccolta e l’ordinamento delle idee scaturite 
dalla discussione, la negoziazione della forma più chiara e precisa ed efficace per esprimerle in forma scritta, la correzione motivata e condivisa del risultato ottenuto. Un testo «collettivo» che - come questo stesso libro testimonia - non è un collage, un mero assemblaggio di frasi, né una forma «creativa», di libera espressione del 
sé, ma uno strumento di conoscenza, utile per costruire quelle abilità di comprensione e produzione di discorsi, orali e scritti, di cui si sostanzia l’educazione alla cittadinanza.
Leggendo il libro, chi ha conosciuto Adele Corradi ritroverà molti dei suoi pensieri rivolti al mondo di una scuola, la nostra, che andrebbe trasformata anziché riformata, e per la quale bisognerebbe trovare risposte, più che cercare nuove proposte. 
Anche chi si avvicina per la prima volta al suo lucido pensare potrà trovare in questi scritti nutrimento per riflessioni e azioni concrete che alimentino una prassi didattica rinnovata, volta all’emancipazione dell’intelligenza. 
Questo libro contiene anche un testo inedito di rara intensità: le pagine scritte da Adele per fissare la memoria del 26 giugno 1967, giorno della morte di don Milani. 
Pagine vibranti, gelosamente custodite, che l’autrice ha voluto fossero rese pubbliche dopo la sua morte. Una testimonianza di «fede nella parola» che ci interroga, che 
ci lascia meno soli nell’ora del dubbio.

domenica 27 aprile 2025

Grammatica valenziale e logopedia

In occasione di un incontro di formazione tenutosi a Milano nell'ambito dell'ultma edizione della fiera "Sfide-La scuola di tutti" ho conosciuto Jenny Rio, una logopedista che da alcuni anni si è avvicinata al modello valenziale e ha provato a sperimentarlo nelle attività proposte a bambini con Disturbo Primario di Linguaggio (DPL). Si tratta di bambini che presentano un ritardo significativo nell'acquisizione della lingua madre: non tanto delle parole, quanto delle strutture, cioè delle regole per combinarle in frasi: l'accordo tra le parole, l'ordine delle parole, la flessione del verbo (che tende a essere omesso o usato in una forma fissa), la gestione dei pronomi clitici in funzione di oggetto (spesso omessi) e in generale la saturazione delle valenze verbali. 

Ecco alcuni esempi di frasi prodotte da bambini con DPL:

"Mamma taglia torta, bambini mangia" 

"Baciare bambina bambola" 

"La papà butta [la palla] [nel] cestino" 

Alla difficoltà di costruire frasi ben fatte si accompagna la difficoltà di decodificare frasi che abbiano una costruzione minimamente complessa. 

L’obiettivo dell’intervento logopedico in questi casi è quello di stimolare nei bambini l’evoluzione della morfo-sintassi e supportare la loro capacità di capire e di farsi capire.

In questo ambito cominciano a farsi strada proposte di intervento che fanno propri alcuni concetti di grammatica valenziale, come la centralità del verbo. 

Jenny Rio ci illustra alcune strategie utilizzate. 

Appena il livello del bambino lo permette, vengono introdotti i verbi, iniziando di solito dai monovalenti all’imperativo, che si prestano a giochi di movimento:

SI passa poi alle strutture nucleari con frasi a 1, 2 e 3 argomenti e vengono introdotte le preposizioni (nel caso dei verbi di "dare" e "dire", la preposizione "a", che introduce l'oggetto indiretto). 

In parallelo alla stimolazione della costruzione della frase, si lavora sull’ampiamento del sintagma nominale, insistendo sull’uso dell’articolo (tipicamente omesso) e dei modificatori (sia nella forma di aggettivi, sia nella forma di sintagmi preposizionali specificatori).

Per le attività si utilizzano stimoli concreti come giochi di carte, pupazzi per l'animazione delle scene rappresentate dalla frase, mattoncini da costruzione. 

Fino ad arrivare, con i bambini più grandi, all'uso di schemi di frase:


Grazie a questi diversi materiali e a una sollecitazione graduale e costante, molti bambini DPL migliorano le loro capacità di costruzione e analisi della frase. 
Non sempre, tuttavia, si arriva a una piena competenza morfo-sintattica. Bisogna continuare, con pazienza e costanza, ad accompagnarli nella costruzione delle frasi, un pezzetto dopo l'altro.

"L’approccio valenziale all’insegnamento della grammatica valorizza le intuizioni dei bambini e la riflessione
condivisa e viene così incontro anche ai nostri bambini che soccombono sotto la grammatica delle
classificazioni e della terminologia." - chiarisce la logopedista. Che io ascolto ammirata, per la capacità che ha di trasformare concetti teorici in tecniche di intervento che, anche in situazioni atipiche, lavorano sulla possibilità di stimolare dall'esterno i processi di messa in forma dei pensieri, espicitandone i diversi passaggi "a partire dal verbo". 

domenica 13 aprile 2025

Autobiografia della scuola (di ieri o di oggi e domani?)

Si parla molto di scuola, in questi tempi: scuola come istituzione cui è affidato il compito di educare le nuove generazioni; scuola come insieme di persone unite da una relazione di reciprocità (chi insegna e chi riceve un insegnamento); scuola come luogo di crescita e di istruzione; scuola come realtà di emancipazione e inclusione o di emarginazione e dispersione.  

Ci voleva questo libro, però, per dare la parola alla scuola e consentirle di raccontarsi attraverso la voce di uno storico della nostra contemporaneità: Mario Isnenghi, professore emerito dell'Università di Venezia. Si intitola Autobiografia della scuola. Da De Sanctis a don Milani e, come accade nella migliore storiografia contemporanea, si affida alle testimonianze di chi la scuola l'ha fatta e, col proprio fare, ha contribuito a "fare gli italiani", dagli anni Sessanta dell'Ottocento agli anni Sessanta del Novecento.  

Romanzi di ambientazione scolastica, memorialistica, documenti ufficiali, giornali dell'insegnante, diari, lettere costituiscono le fonti di questo ricco volume, che si compone di otto capitoli più un "finale in dissolvenza". Scritto con una lingua dalla sintassi stratificata e avvolgente, che restituisce la complessità di una narrazione dai molteplici fili e intrecci diversi.

Oltre che un'autobiografia, il libro è anche un grande racconto di viaggi: quelli di tanti insegnanti che si spostano lungo la penisola, tra città e provincia, accettando o invocando trasferimenti da una sede all'altra in cerca di stabilità e promozione sociale. "Docenti viandanti", "esploratori di mondi", "intellettuali diffusi" che attraversano un secolo di storia italiana e di grandi rivolgimenti politici, partecipando alla creazione di programmi e libri scolastici, tradizioni e canoni, genealogie e conventicole, rotture e restaurazioni dell'ordine. Facendoci cogliere la posta in gioco nei momenti di svolta: la costruzione o la distruzione di un'egemonia culturale attraverso l'educazione popolare (con la scuola dell'obbligo), la formazione della classe dirigente (attraverso i licei, con il meccanismo selettivo del latino), l'istruzione femminile ("lungo itinerari di controllo e inalveamento prescrittivi, preordinati e seriali"). 

Questo libro, in effetti, è anche una storia di genere, vista l'attenzione data all'educazione delle donne (ancora figlie e future spose e madri) come strumento di costruzione della subalternità: accanto ai Gianni, Giannetti e Giannettini, prototipi di scolari dinamici che prendono forma dalle pagine di tanti libri di scuola, si profila l'immagine modellizzante di una composta "Cordelia" che emerge dalle nascenti riviste femminili. 

Nel libro si parla anche di donne insegnanti: stereotipate come la "maestrina dalla penna rossa" delle pagine di Cuore, drammaticamente reali come le tante maestre vittime di molestie e diffamazione nelle scuole comunali di fine Ottocento (celebre e ricco di echi narrativi il caso della toscana Italia Donati), insolitamente anticonformiste, come le tre protagoniste dei "cantieri cattolici del femminile" (Erilla Dal Lago, Elisa Salerno, Antonietta Giacomelli).

Ma questo libro è soprattutto (e inevitabilmente) una storia di uomini di pensiero e di azione, laici o clericali, che diventano ministri dell'istruzione, come il napoletano Francesco De Sanctis, autore di "quel Vangelo per l'autocoscienza della nazione che si presta ad essere la Storia della letteratura italiana", o il siciliano Giovanni Gentile, punto di riferimento nel Ventennio per "gli uomini di libri, in scuola, università, archivi, biblioteche". Una ricognizione, quella di Isnenghi, che ci fa cogliere la dialettica tra "intellettuali militanti", vigili di fronte ai tentativi di riorientamento dello sguardo collettivo, e "intellettuali funzionari": quelli "che, semplicemente, esercitano con più o meno scrupolo o rassegnazione, sotto qualunque cielo, una professione o un mestiere; o magari anche una vocazione didattica disposta a inalvearsi nella situazione data" (p. 250), pronta a considerare il fascismo una parentesi, il consenso una recita sociale necessaria. 

La storia di cui questi uomini si rendono protagonisti ci fa cogliere la geografia dei centri di irradiazione del potere culturale: non solo la Roma dell'Istituto dell'Enciclopedia Treccani ma quella del frate Agostino Gemelli; accanto alla Firenze delle riviste e delle Accademie, Pisa con la sua Scuola Normale (e la fortissima "ricaduta mentale e memoriale" che l'esperienza ha nel ristretto gruppo dei normalisti); e poi la Torino di De Amicis, la Bologna di Giosue Carducci, la Padova di Concetto Marchesi. Una centralità inedita è riconosciuta alla città di Napoli, con Francesco De Sanctis prima, con Benedetto Croce poi (l'immagine di copertina raffigura, non a caso, la chiesa partenopea di San Sebastiano, poi sede del liceo classico Vittorio Emanuele). 


Leggendo questo libro, che parla di scuola del passato, capiamo meglio il programma di certa scuola del futuro: basta sentire le parole dell'ispettore-poeta Aleardo Aleardi, in visita alle scuole femminili di Verona negli anni Settanta dell'Ottocento: "si ignora il vero, lo schietto, il naturale: non si insegna a pensare, ad esprimere il sentimento che s'à dentro". E - commenta Isnenghi - "il giudizio precipita se come test ci si volge a come viene concepita e insegnata (o non insegnata) la storia: ragionare di spazio-tempo, dinamiche trasformative, confrontare società diverse, appare un non senso in scuole deputate invece a trasmettere certezze pregiudiziali e continuità atemporali" (p. 40). Tra le pagine cogliamo anche sapide pennellate di un presente atemporale: come quel linguaggio pedagogico che "si basa sulla ricezione e il montaggio di orecchiamenti e frasi fatte. Mattoni di un edificio complessivo di natura mimetica e gergale" (p. 275), con varianti che mutano al mutare delle mode. 

Il finale, certo, è poco consolante: dopo aver presentato la figura di don Milani, "grande uomo-simbolo di una possibile reviviscenza cristiana" che ancora si muoveva "fra esigenti concezioni dell'educazione e del mondo", Isnenghi si congeda da quella che definisce una "storia antica" per presentare l'avvenire a tinte fosche di un'istruzione dai caratteri aziendali, che "deve servire e preparare al 'mercato'" e si fa mercato essa stessa. 


giovedì 13 marzo 2025

Facile ironia (sulle nuove Indicazioni ministeriali)

 

In copertina: Piero Golia, On the edge (Sulla cresta dell'onda), 2000


Ed ecco a voi la grammatica ergersi dopo tanto clamore, mentre la sconfinata terra della lingua (una povera lingua di terra) viene occupata dal gran mare della letteratura (italica, occidentale).

 

P.S. Il testo delle "Nuove indicazioni per la. Scuola dell'infanzia e primo ciclo di istruzione 2025", pubblicato a beneficio del dibattito pubblico, si può leggere qui

N.B. La mostra "Facile ironia", in corso al MAMBO di Bologna, è visitabile fino al 7 settembre.