domenica 11 ottobre 2020

Alice nella selva oscura (sulla nuova grammatica De Santis-Prandi)

...... CI SIAMO

La nuova grammatica dell'italiano, essenziale e ragionata, sbocciata durante il periodo della prima quarantena (ma risultato di un decennio e oltre di riflessioni), è arrivata. Ed è anche recensita

Questa è la copertina che vedrete, "senza figure" (direbbe Alice nel Paese delle Meraviglie), di un color lavanda molto glamour (aggettivo che nasce dalla trasformazione della parola latina gramatica) e a lettere sfalsate (come nelle copertine più recenti dei libri di Rodari):


 Questa, invece, è la copertina che non vedrete, ma che ci sarebbe piaciuta per più motivi:


Innanzitutto il libro, che esce a ridosso dell'anno dantesco e del Dantedì, è dedicato a lui (a ser Durante Alighieri) per quel "naturale amore" verso la lingua materna (il "volgare" e il suo potere generativo) che ci ha condotti fin qui.

Poi, il libro inizia con una domanda: "Per quale porta siamo entrati nel territorio della grammatica?". E sì, il riferimento è all'Alice di Lewis Carroll, la bambina che deve farsi piccola o crescere a dismisura per entrare in una porta non pensata per lei, per le sue dimensioni ridotte ma non microscopiche, e addentrarsi in un territorio noto (quello della lingua materna) con una mappa pensata per un altro, più antico, territorio (quello del latino).

Cito dall'introduzione al secondo volume di una Grammatica delle due lingue italiana e latina compilata a uso dei ginnasi della Lombardia dal canonico Ferdinando Bellisomi, stampata a Milano nel 1827 dalla tipografia Pogliani e venduta al prezzo di 2 lire austriache:

Fu sciagura della grammatica italiana che i primi, i quali si diedero a compilarla, avvisassero di doverla ritrarre col linguaggio che già vedevano adoperato per la grammatica latina. Di qui venne che un tempo fu insegnato che la lingua italiana aveva casi e declinazioni e genere neutro e verbi deponenti e verbi neutri e gerundi e supini ecc. ecc., e sebbene col volger degli anni e col sorgere di una sana ed illuminata filosofia, qualche parte ella abbia dismesso di queste anticaglie, nondimeno ne conserva ancora, e, tolta per tal modo la semplicità del linguaggio didascalico, che dovrebbe rispondere alla semplicità delle cose, la verità perde assai di quella luce che è guida alle menti per giungere a lei e per darle grata accoglienza.

Al prezzo di 6 lire toscane era venduta in quegli stessi anni (in un'Italia disunita) la seconda edizione di una Grammatica ragionata della lingua italiana uscita a Livorno dai torchi di Luigi Angeloni nel 1834 (ma la prima edizione è del 1828), opera di Carlo Antonio Vanzon. Un esempio dello sforzo di produrre strumenti nuovi, ispirati a una "sana e illuminata filosofia" (la scuola di Port-Royal, che aveva prodotto nel 1660 la Grammaire generale et raisonnée, opera del grammatico Claude Arnauld e del filosofo Antoine Lancelot), che avessero "per iscopo il far riflettere l'alunno su ciò che sa, anzi che insegnargli la propria lingua" - cito dalla Prefazione dell'Autore all'opera. L'obiettivo era quello di "alleggerire il peso dell'ammaestrare, e abbreviare, di gran tratto, il cammino".

La metafora del cammino è quella che ci ha guidati nella stesura dell'opera. Non abbiamo guardato alle altre grammatiche, con lo scrupolo di aggiungere ogni minima eccezione, ma ripensato alle nostre con l'obiettivo di trovare una più agevole e "diritta via". Disboscando per ridurre all'essenziale la materia. Modificando, se necessario, le etichette che indicassero la direzione da seguire. Procedendo per via induttiva: attraverso il ragionamento guidato che parte da esempi concreti, li analizza e li confronta per arrivare poi alla formulazione della regola o della definizione.  

Rivolgendoci ad adulti, quindi potendo fare riferimento (a differenza delle grammatiche scolastiche) a «una normatività di carattere diverso, più elastico, più "ragionevole a ragionevole"», per citare Antonio Gramsci (Postille alla Grammatica di Panzini).  

Una grammatica ragionevole e "ragionata": nella disposizione delle parti, nello sviluppo di ciascuna di esse e nella descrizione dei fatti di lingua. 

Per procedere razionalmente abbiamo ritenuto necessario partire dalla frase, e da questa muoverci guardando verso l'alto (ai periodi e ai testi in cui la frase è destinata a entrare) e verso il basso (alle parti del discorso e alle unità intermedie, i sintagmi, che compongono la frase). Abbiamo cercato di districarci tra regole e scelte, smettendo l'abito dei censori e osservando senza pregiudizi la realtà mutevole della lingua circostante (che non si confà sempre alla logica, né all'economia). Ci siamo sforzati di capire e di mostrare in che modo possibilità diverse di espressione possano rispondere alle varie esigenze comunicative: dare forma a un pensiero, scambiare informazioni, persuadere, produrre bellezza.  

Non è stato facile. Ci sono state esitazioni, ripensamenti, rinunce più e meno sofferte (dovendo stare in 260 pagine...).

Non si tratta di una grammatica che risolve tutti i dubbi, ma che invita a porsene di nuovi, più fondati. Per questo motivo abbiamo scelto di inserire un glossario con rimandi interni, ma non un indice analitico delle forme. Abbiamo poi potuto rinunciare alla bibliografia perché è evidentemente la stessa del nostro Manuale di linguistica e di grammatica italiana uscito nel 2019.

Non è una grammatica normativa, ma una grammatica descrittiva, che sostituisce al principio di autorità quello della responsabilità individuale.  

Un obiettivo ambizioso, che si traduce in un testo agile e comprensibile. Perché individuare con chiarezza le regole fondamentali e condivise è il presupposto necessario per orientare le nostre scelte di parlanti consapevoli del potere delle parole. Consapevoli anche dell'importanza - ce lo ricorda Paul Celan nei suoi versi - di "non dividere il sì dal no".

Buon viaggio, allora, con l'augurio - già espresso da Salvatore Corticelli nella sua grammatica (1745) - che "l'udir ragionare alcuno ben pratico delle cose grammaticali" possa "arrecarvi maraviglioso diletto". 


P.S. Il volume ha come sottotitolo Per imparare, per insegnare. Perché per insegnare a riflettere sulla lingua bisogna prima aver imparato: non basta richiamare alla memoria il sapere scolastico. Bisogna emanciparsene, per rifare da capo il percorso. Noi siamo partiti in avanscoperta, ma non al posto vostro. A ognuna e a ognuno il compito di sperimentare una strada nuova.

7 commenti:

  1. Aspetto con trepidazione. Mi sarebbe piaciuto un manuale da proporre alla scuola media. Niente in cantiere?

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    1. Non ci sono le figure ma... c'è tutto quello che serve per insegnamento e autoapprendimento. C'è anche qualche esercizio per mettersi alla prova...

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    2. Grazie. Spero però sempre nel manuale da adottare...

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  2. Non vedo l’ora di acquistarla e leggerla.

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  3. Non vedo l’ora di acquistarla e leggerla.

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