giovedì 2 aprile 2020

#hacuradi: racconti di scuola solidale

In questi giorni ho ascoltato e letto dibattiti sulla cosiddetta DAD (didattica a distanza), l'ho sperimentata di persona con i/le mie studenti, l'ho osservata attraverso le esperienze domestiche dei miei due figli, entrambi al termine di un ciclo (chi alle medie, chi alla primaria).

Due giorni fa il GISCEL ha ricordato Tullio De Mauro nel giorno in cui avrebbe festeggiato il suo 88° compleanno. Per portare la mia testimonianza ho ripreso in mano un libro di cui avevo parlato in fondo a questo post: Cancelati dalla dotrina. Compiti scolastici dei bambini di una borgata romana, a cura di Laura Migliorini, con prefazione di Tullio De Mauro. Avevo intenzione di parlare del silenzio: il silenzio come condanna da cui De Mauro (sulla scia di don Milani) voleva far uscire bambine e bambini, ragazze e ragazzi appartenenti a quelle che si chiamavano "le classi subalterne" (oggi diremmo socialmente svantaggiate o vulnerabili). Volevo parlare, anche, di un silenzio produttivo: quello dei piccolissimi che - preparandosi a parlare - dopo la lallazione attraversano una fase silenziosa, di ascolto attivo cui seguirà una "esplosione del vocabolario" e la successiva comparsa delle prime frasi (un segnale di speranza per le nostre città mute...).

Pensavo ancora al silenzio e al vociare dei bambini, stamattina, ai diritti loro negati in questa fase di emergenza (che è anche una emergenza educativa), alla diversità delle condizioni in cui si ritrovano a vivere la situazione di "sequestrati in casa" (non sempre in un clima sereno, con la strumentazione tecnologica, gli spazi e la supervisione necessari per affrontare in modo positivo le nuove modalità di studio e apprendimento).
Il decreto "Cura Italia" non propone rimedi per la scuola: tutto è affidato alla buona volontà, alla inventiva e al coraggio delle/gli insegnanti. Se la Ministra si compiace del fatto che 9 studenti su 10 siano raggiunti dallo "smart learning" (tramite le estensioni del registro elettronico o programmi vari di interazione e di condivisione), io non posso fare a meno di pensare a quell'1 che rimane. Non è sotto i miei occhi, ma so che c'è e che la scuola deve averne cura, per non lasciare indietro nessuno.
Ripenso a una frase di Adele Corradi, che sento al telefono per accertarmi che stia bene (lei, nata nel 1924): "La scuola non deve fare proposte, deve dare risposte".

Cerco il libro di Carla Melazzini, Insegnare al principe di Danimarca, a cura di Cesare Moreno* (Sellerio, 2011) - mi rendo conto di non avervene mai parlato, ma i libri sanno aspettare il momento giusto - e lo apro a pagina 64, dove avevo messo un segno: "Dove trovare, in questa situazione, e come offrire le motivazioni intrinseche allo studio?" (la situazione è quella che si trovano ad affrontare i maestri di strada napoletani).

Cerco le ragioni e i modi di una cura educativa che sento necessaria, urgente, carente - al di là della quieta routine dei miei figli, della confusione dei decreti che si susseguono, dell'ottimismo irresponsabile di chi "andrà tutto bene", del pessimismo di chi "soffia sulla paura".
Penso a queste cose e ad altre, mentre giro il ragù, guardo fuori per spiare l'arrivo dei merli, origlio le conversazioni dei figli, tengo a bada il cane pronto a rubare le crocchette dei gatti.


Poi arriva una telefonata: è Francesco Sabatini che, con l'entusiasmo di sempre, mi riporta i racconti di una scuola calabrese (a sua volta ascoltati per telefono dalla voce di una preside): una scuola in cui i bambini "fanno la spia" per aiutare chi è in difficoltà - perché non ha la connessione, o il computer, o i genitori a casa che lo aiutino. Mi dice che è una cosa bella questa nuova ondata di solidarietà sociale, che da qui dovremmo ripartire, dalla scuola e da questo spontaneo desiderio di bambine e bambini, di ragazzi e ragazze, di superare le disuguaglianze, le distanze che rischiano di creare divari (non solo digitali). Io lo ascolto e a poco a poco mi lascio contagiare, faccio mia la sua idea: raccogliere testimonianze e racconti di questa scuola che "ha cura di", che si occupa e si preoccupa, che va avanti ma guardandosi indietro.
Non un nuovo libro "Cuore", ma un diario di chi ha a cuore la scuola e crede che è da qui che si potrà e dovrà ripartire.

Allora, mi aiutate?
Avete storie da mandarmi? Non importa che siano a lieto fine. Che siano richieste di aiuto o gridi di esultanza, l'importante è che abbiano una valenza "politica", che possano mandare un messaggio ai nostri governanti. Storie che parlino di solidarietà orizzontale (tra bambine e bambine) ma anche verticale (tra bambini e insegnanti, alle prese con tecnologie collaborative), di forme nuove di alleanza tra genitori e scuola (al di fuori delle tossiche chat telefoniche). Che dicano la fatica e l'entusiasmo, le opportunità e i rischi di quanto andiamo - giorno dopo giorno - sperimentando come educatori (e genitori o zii o nonni insieme).

Come diceva Tullio De Mauro, non basta avere una nipotina Maddalena (oggi diremmo Emma, o Matilde) per sentirsi in diritto di parlare di scuola e di didattica (a distanza o meno).
Ma per chi vive la scuola da dentro, è arrivato il momento di far sentire la propria voce. "Il silenzio non esiste" - diceva Danilo Dolci. Dobbiamo parlare e interrogarci per capire insieme come possiamo e dobbiamo vivere la nostra vita nella vita degli altri, per costruire nuove forme di convivenza civile, che rendano il nostro mondo più ospitale, dopo.

Pronti a partire?
Potete aiutarmi a diffondere questa "Chiamata al racconto" (lanciando un hashtag, magari, se ne siete capaci: #hacuradi), oppure scrivere alla mail hacuradi@gmail.com, creata apposta per raccogliere storie di Scuola Solidale: testimonianze, esperienze, racconti di insegnanti, bambine/i e ragazzi/e. Ne faremo qualcosa di bello, promesso!


* Cesare Moreno, Presidente della onlus "Maestri di strada", è l'ideatore del "pacco viveri per la mente" (nato nell'ambito del Progetto "I CoroNauti"), che ha avuto il sostegno del Ministero dell'Educazione.


🆕 AGGIORNAMENTI! 🆕
In pochi giorni ecco le prime risposte/proposte: Gaia da Padova ha mandato il suo vademecum rivolto a ragazzi e ragazze che vogliano ben ripartire il tempo della giornata, avendo cura di corpo, mente e spirito; Antonella dalla Lombardia racconta di mandare ogni sera, tramite un audio diffuso dalla chat telefonica di classe, una "Storia della buonanotte" a bambine e bambini, che possono così ascoltare la voce della maestra insieme ai loro genitori (lo smartphone, almeno quello, tutti ce l'hanno); dalla Val d'Aosta arriva "L'angolino di Nonna Mela", uno spazio di connessione pomeridiana in cui un'insegnante in pensione fa giocare con la lingua la nipotina di 8 anni e altri compagni; Francesca da Verona fa costruire ai bambini "arcobaleni di parole" e crea "scambi virtuali" di pezzi di libri tra i suoi alunni; a Bolognadue tredicenni hanno modificato una app che usano per comunicare online mentre giocano ai videogame (Discord) e ne hanno spiegato il funzionamento ai professori consentendo di far partire la didattica a distanza in tempi record...

ADOTTA UNO STUDENTE!
Segnalo una bella iniziativa solidale promossa dall'Associazione "Terre di mezzo": https://www.sfide-lascuoladitutti.it/aiuta-uno-studente/ per raccogliere la disponibilità di insegnanti volontari che vogliono dare un supporto didattico a quegli alunni che, per vari motivi, hanno difficoltà o fanno fatica a seguire il percorso scolastico in questo periodo. C'è la possibilità anche, per genitori in difficoltà, di chiedere un supporto. 

3 commenti:

  1. Domani continuiamo a leggere, maestra? Questo chiedono i bimbi di una prima, dove ogni giorno la giornata si apre o si chiude con gli albi illustrati e i fumetti in mano. E questo mi avevano chiesto quel mercoledì 4 marzo prima dell'uscita: una richiesta che mi riempie di soddisfazione e di gioia. Solo un esempio, comunque: loro chiedono di leggere, di scrivere, di ragionare, di disegnare, di calcolare se i biscotti avanzati bastano per tutti, di costruire, di giocare, di inventare... chiedono di mantenere viva la curiosità, di fare domande, di vivere le giornate scolastiche, per farla breve.

    Didattica a distanza: un ossimoro, a pensarci bene, perché la didattica si nutre della presenza, della vicinanza, persino dell'imprevisto.
    Riprogrammiamo anche gli obiettivi didattici, ad esempio? Diciamo la verità ai genitori?
    Una prima cosa opportuna sarebbe proprio distinguere tra i vari gradi di scuola, e non soltanto tramite giustissime ma forse troppo vaghe raccomandazioni: queste noi docenti le seguiamo, e il merito ci viene riconosciuto sempre dalla ministra; ma bisognerebbe dire chiaramente che tutto quanto stiamo organizzando, concertando il più possibile e facendo noi insegnanti non può considerarsi didattica vera e propria; si tratta di risposte responsabili da parte di professionisti che ben sanno che quando si tornerà fra i banchi bisognerà certamente ripartire da dove eravamo rimasti.
    Nel frattempo io e la mia collega Graziamaria, nella prima A della scuola Verdi, nel quartiere Appio Latino di Roma, cerchiamo con tutte noi stesse di donare ai nostri piccoli alunni (che stavano scoprendo il gusto dell'imparare insieme un sacco di cose, per usare le loro semplici ma efficaci parole) la nostra vicinanza e l'amore per la conoscenza: proprio così, vogliamo tenere unita la classe e vogliamo mantenere vivi interesse e curiosità. Così fanno tantissimi colleghi, dal nido all'università. Ma in modo particolare noi della scuola dell'infanzia e della scuola primaria abbiamo questi come obiettivi: non si tratta di obiettivi specificamente didattici, non si tratta di trasformare l'apprendimento cooperativo, attivo e costruttivo in insegnamento trasmissivo di pezzetti di sapere; anzi, tutt'altro.
    Noi della scuola dell'infanzia e della scuola primaria stiamo attivando conversazioni usando i mezzi digitali: inviamo ai nostri alunni videoletture realizzate da noi, videotutorial di lavori creativi, ideati, progettati e realizzati appositamente per loro, non indistintamente per tutti i bambini, ma ognuno di noi per la propria classe, perché la cosiddetta didattica a distanza non deve diventare un alibi per massificare.
    Si tratta, quindi, di far sentire e di ascoltare ancora le voci, di far sentire che “quell'attività” è stata pensata e progettata per loro, perché si aggancia alle precedenti che si facevano in classe: ecco, è l'aggancio che stiamo realizzando noi della scuola dell'infanzia e della scuola primaria, il mantenimento di questo importantissimo nodo dell'apprendimento; importantissimo in presenza prima di tutto.
    Diamo continuità alle attività di scrittura che facevamo in classe: ora più che mai è funzionale scriverci, scambiarci mail, a prescindere dall'ambito di cui ci si occupa, dalle discipline insegnate.

    Quando finalmente saremo tornati a scuola riprenderemo da dove abbiamo lasciato, certi che non avremo perso tempo: questa didattica a distanza, che necessariamente implica un impegno da parte dei genitori, sarà servita appunto a tenere accese la curiosità e la voglia di imparare, di fare, di migliorare. Potremmo ribattezzarla “mantenimento delle relazioni”? Almeno nella scuola dell'infanzia e in quella primaria. Almeno fino alla classe quarta, perché sappiamo che la quinta è anche una classe di passaggio. Ma ci sono momenti in cui è importante ribadire e rivendicare anche la discontinuità fra ordini di scuola, difendendone le peculiarità indiscutibili.

    Claudia Benedettini

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  3. Grazie Claudia della tua riflessione. Preziosa perché ci ricorda la delicatezza e la difficoltà di mantenere un contatto con i più piccoli: bambine e bambini di prima primaria che avevano appena cominciato a leggere e scrivere (nel tuo caso) o addirittura di scuola dell'infanzia (come nell'esperienza di cui ci ha scritto Laura Insogna, dalla provincia di Rovigo).
    Sono consapevole della complessità, della fatica, della frustrazione. Ma leggo nelle vostre parole anche la consapevolezza e l'impegno per garantire una continuità nel dialogo, nella relazione, nella creazione di esperienze motivanti.
    Scriviamoci, impariamo a usare meglio i programmi di videoscrittura e di condivisione, ma NON abbandoniamo scrittura a mano, fondamentale anche per costruire le competenze di lettura.
    Leggiamo ad alta voce, anche a i più grandi (come ci suggerisce anche Antonella Capetti): perché al piacere di ascoltare storie da una voce adulta (dell'insegnante o del genitore) si unisce la possibilità di essere guidati verso la comprensione del testo.
    E soprattutto, come ci ricorda Tullio De Mauro nel libro citato, educhiamo al linguaggio parlato. Facciamo di necessità virtù e curiamo la dizione, l'esposizione chiara, la presa di parola nel rispetto dei turni, la pertinenza e coerenza degli interventi. Usiamo le modalità di registrazione anche: come nella scrittura possiamo rileggerci per correggerci, così nell'oralità possiamo riascoltarci per migliorarci (insegnanti e studenti).
    Vi sono grata per la pazienza e il coraggio con cui vi mettete in gioco, per l'impegno nella documentazione e la generosità nella condivisione.
    Come genitori diamo spesso per scontato che la scuola debba continuare. Dimenticandoci che la vostra responsabilità senza eroismi merita il nostro rispetto e il nostro applauso.

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