Tema-problema: le difficoltà che si incontrano nel definire con esattezza la posizione dei diversi costituenti della frase via via che dal nucleo (il verbo con i suoi argomenti) ci si allontana verso la periferia (circostanti, espansioni, modificatori, margini: la varia terminologia già riflette la delicatezza della questione a livello teorico).
Un problema di distanza (che è il contrario, in qualche misura, di "valenza", il legame che tiene unite le parti essenziali della frase).
Distanza è diventata una parola chiave della nostra quotidianità. Da distanza abbiamo formato (ricalcando l'inglese) il termine distanziamento (sociale).
La "distanza sociale" è stata finora un concetto di classe, il modo in cui una parte della società, che ha di più (denaro e potere), si protegge da un'altra parte che ha di meno, ma è ben più numerosa.
Il libro Cuore di Edmondo De Amicis ci ha offerto un ritratto indimenticabile di questa realtà nella scuola postunitaria. Una scuola in cui la distanza era solo metaforica: classi sovraffollate e pochi monumentali banchi di legno inchiodati al suolo rendevano inevitabile la prossimità tra bambini appartenenti a classi sociali diverse. Così Carlo Nobis "vorrebbe avere un banco per sé solo, ha paura che tutti lo insudicino, guarda tutti dall'alto in basso, ha sempre un sorriso sprezzante sulle labbra: guai a urtargli un piede quando si esce in fila a due a due". La distinzione sociale si affidava, nell'impossibilità di eludere il "prossimo" maleodorante, a un atteggiamento di sprezzatura.
La distanza è in qualche modo connaturata all'essenza di un altro protagonista della letteratura sui (o fuori dai) banchi di scuola: Pinocchio. Non a caso, lo storico Carlo Ginzburg ha voluto intitolare Occhiacci di legno le sue Riflessioni sulla distanza (dieci nella nuova edizione uscita nel 2019 per Quodlibet).
«Occhiacci di legno, perché mi guardate?» chiede Geppetto sorpreso al burattino che ha appena intagliato e già ha preso vita. Il taglio modella e separa l'altro, che si dà immediatamente nella sua distanza straniante. In questa distanza si stabiliranno la relazione e il patto educativo (continuamente eluso e rinegoziato) tra il falegname e la sua creatura. Così come nella distanza (critica) dal suo oggetto si costituisce il sapere storico.
Vale la pena ricordare questi episodi prima di affrontare il tema, oggi al centro dei dibattiti, della DAD: la Didattica a Distanza, la "teledidattica" potremmo anche dire (qualcuno parla di smart learning, addirittura), mediata da dispositivi elettronici e da programmi collaborativi.
"Si stende, sulla Distanza, tutta una rete di comunicazioni" - scriveva Emilio Tadini in un prezioso libretto di riflessioni, La distanza, pubblicato da Einaudi nel 1998. Perché la distanza è anche ciò che il nostro desiderio vorrebbe annullare, e che si dissolve nel gesto dell'abbraccio.
Perché nella distanza è insita una complessità che solo un entusiasmo incauto ci consente di ignorare, e che la buona volontà può aiutarci ad "accorciare", ma non basta a "colmare". Dovremo tenerlo a mente, dato che ci aspetta un lungo periodo in cui dovremo imparare a misurare e mantenere le distanze. E a ripensare gli spazi e i tempi scolastici per garantirle.
Continuare a misurarci con la distanza, insomma, senza rassegnarci ad essa, rimettendola anzi continuamente in questione, almeno finché durerà la didattica dell'emergenza.
A questo link è possibile leggere il Documento per la ripresa della vita scolastica firmato da Rita Librandi, Claudio Giovanardi e Francesco Sabatini per l'Accademia della Crusca e l'ASLI scuola.
Qui si può leggere Se una sera di maggio un'insegnante, la lettera sulla consapevolezza, la responsabilità e l'orgoglio (che nasconde la fatica) scritta da un'insegnante (Elena Martinelli) in tempi di COVIdidattica.
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