Mi è arrivato brevi manu, recapitato dalle mani di un agente editoriale Zanichelli: gesto ormai inconsueto e anco più apprezzabile.
Il nuovo libro di Benedetta Baldi e Leonardo M. Savoia, docenti presso l'Università di Firenze, si intitola Linguistica per insegnare, e non a caso. Non è un manuale di glottodidattica, ma uno strumento operativo pensato per gli insegnanti di lingua, che si basa sull'integrazione di teoria linguistica e pratica didattica delle lingue moderne.
228 pagine, con Prefazione di Paola Desideri, questo nuovo libro esce a distanza di un anno dal precedente Linguaggio e comunicazione. Introduzione alla linguistica.
Il libro nasce dalla consapevolezza che "oggi l'educazione linguistica non può basarsi semplicemente sulla trasmissione dei saperi, ma deve proiettarsi arditamente - e in modo costante - verso la ricerca e l'analisi critica" (p. VIII). Deve cioè assumere un atteggiamento scientifico: guardare ai modelli senza dimenticare i concreti e vari fatti di lingua.
Come si intuisce dal sottotitolo (Mente, lingue e apprendimento), l'ossatura del libro è costituita dai modelli cognitivisti sull'insegnamento/apprendimento di una seconda lingua. Ma tanta parte hanno anche gli approcci comunicativi, che hanno messo in luce il ruolo dell'appartenenza linguistica e culturale dei parlanti nel processo di apprendimento. Come chiariscono gli autori, anche nel caso di competenza bilingue (acquisita senza un insegnamento guidato) non è possibile parlare di "equilinguismo", dal momento che "ogni varietà linguistica che un parlante padroneggia sarà al contempo dipendente da questioni di tipo identitario, oltre che motivazionale e pratico".
Il volume si articola in dieci capitoli. Il primo (Educazione linguistica e teorie del linguaggio) è dedicato alla ricostruzione storica del dibattito sull'apprendimento linguistico. Il secondo e il terzo capitolo entrano nel cuore delle strutture grammaticali affrontando le categorie chiave della morfologia e della sintassi (della fonologia si parla più avanti, nel capitolo sesto).
Troviamo qui esposti, in un paragrafo intitolato Il verbo come rappresentazione di una scena, i concetti fondamentali della "grammatica valenziale" (p. 43), citata come "tentativo interessante di sfruttare a fini didattici il modo in cui si forma la frase sulla base del verbo e dei suoi argomenti" (p. 43). Il modello viene ritenuto adatto anche all'insegnamento di una lingua seconda (L2) in quanto "propone di sviluppare le competenze dell'apprendente rendendo via via più complessa la frase a partire dai suoi elementi necessari."
Di fatto, gli autori concordano con "l'idea che la conoscenza grammaticale riflessa possa sviluppare la competenza dell'apprendente di L2" dato che lo spinge a un'elaborazione linguistica consapevole e aiuta a fissare le regole sintattiche.
Alla questione della relazione tra L1 e L2 e alla possibile influenza che la L1 può esercitare nel processo di acquisizione/apprendimento della L2 sono dedicati il quarto capitolo e l'ottavo, mentre il nono affronta la questione del bilinguismo.
Dei fattori pragmatici, sociolinguistici e testuali che entrano in gioco nel processo si tratta nel quinto capitolo. Nel settimo si ragiona di lingua, cultura e identità. Nel decimo, infine, sono passate in rassegna le principali metodologie e pratiche per la didattica delle lingue, con riferimento anche al Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER).
Il libro presenta, certo, vari tecnicismi, e si addentra in aspetti complessi relativi al funzionamento delle lingue.
Mi sento comunque di raccomandarne la lettura anche a non specialisti. Se ne esce infatti rafforzati nella consapevolezza che le lingue sono oggetti complessi e mutevoli, non descrivibili con rigide tassonomie, e che non esistono strade più facili o più efficaci di altre per imparare e insegnare un'altra lingua. Esistono situazioni di partenza diverse (bisogni, motivazioni, attitudini, età) e contesti di apprendimento diversi (da quello scolastico a quello spontaneo), ai quali dobbiamo imparare a rapportarci con "robusta versatilità", scegliendo il metodo e la pratica adatti.
Del resto, come ricorda la citazione di Cesare riportata in esergo: Sed in experiendo cum periculum nullum videret. Tentar non nuoce, anzi giova.
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