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venerdì 1 dicembre 2017

"Per l'ultima sua porzione di stelle" (ricordo di M.L. Altieri Biagi)




Come trovare le parole - parole non usurate - per ricordare le persone che abbiamo avuto più a cuore, che ci hanno accompagnato nelle nostre scelte, indirizzando aspirazioni ondivaghe e confuse, insegnandoci la cura delle parole?
Più facile dire dove. Nei libri, certo, se di parole le relazioni si sono nutrite, e hanno generato altri libri.
Così vorrei ricordare Maria Luisa Altieri Biagi, "maestra" mia (ma non solo), di lingua e di parola.
Per farlo sfoglio uno dei suoi ultimi libri, una piccola "Gemma" cui ha affidato pensieri sparsi: Parola (Rosenberg & Sellier, 2012).

Credo nell'importanza della parola: non per conquistare il potere (efficacissimo lo strumento; troppo faticoso il risultato) ma per realizzare forme di pensiero e di immaginazione che riscattino dai percorsi quotidiani in cui si incanala e talvolta si incaglia la vita, anche nei casi più fortunati (cioè quando questa si svolge normalmente, evitando i trabocchetti della sorte o del caso).

Eccole, allora, che riaggallano: la parola che nomina e che simboleggia, la parola che ricorda e che immagina, la parola che perdona e che riscatta, la parola che argomenta e non si sgomenta.
La parola vibrante e risonante dei testi letterari.
La parola-scintilla della scienza.
La parola in scena del teatro.
La parola detta - nitida e autorevole - di chi sapeva tenere tutti in ascolto in un'aula universitaria.
La parola scritta - esatta, precisa, implacabile - di chi sapeva pensare e dare forma ai pensieri.
La parola libera, ma responsabile, e capace di fare le scelte giuste.
La parola femminile, e plurale.
La parola che, fino alla fine, ci assicura una quotidiana porzione di incanto, una razione di bellezza (come a Giovanni Drogo nel deserto dei Tartari).
La parola che sa lasciare spazio al silenzio, e rinunciare a interpretarlo.

E tra le parole, o meglio tra i sintagmi, riemerge anche grammatica: la "grammatica dal testo".

Perché la grammatica esiste, vittoriosamente scampata ai roghi della contestazione studentesca. Anzi, esistono due tipi di grammatica: 
c'è una grammatica che, in appositi libri, offre agli studenti paradigmi (cioè "schemi" riassuntivi delle diverse forme che può assumere una parola: un verbo, un nome, un pronome...) e regole sintattiche che spiegano come si combinano le parole in unità più ampie (frasi, periodi, capoversi, paragrafi, capitoli, testi di ogni tipo);
e c'è una grammatica che sta nei testi orali o scritti, come la circolazione del sangue sta nel nostro corpo.
La prima grammatica è descrittiva. La seconda può essere definita grammatica testuale, perché emerge dai testi; ma potremmo anche chiamarla grammatica osservativa perché nasce dalle osservazioni che ognuno di noi può fare leggendo un testo scritto o ascoltando un testo orale (o la sua registrazione). I due tipi di grammatica sono conciliabili.

Più osserviamo (cioè leggiamo e ascoltiamo con attenzione, parliamo e scriviamo con discernimento), più potremo fare a meno dei paradigmi e saremo "padroni" della nostra lingua e di noi stessi.
Anche di questa lezione, le sono debitrice.
 


1 commento:

  1. Ho incontrato La grammatica dai testi tanti anni fa.Fu la mia tutor dell'anno di prova a farmela conoscere. Da allora l'ho sempre portata con me, lasciando in disparte qualsiasi testo di grammatica fosse in adozione. Una scuola che non distingue, che non sceglie il senso di ciò che propone non va da nessuna parte. Ora cerco di raccattare i testi che trovo per quegli alunni speciali, che non si arrendono. Lei non si è mai arresa.

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