D - Come è avvenuto il tuo incontro con la valenziale?
R - "In principio fu il DISC...". È cominciata così... Superata la selezione per entrare alla SIS di Torino, uno dei primi corsi in cui sono capitato è stato "Didattica della lingua italiana e delle sue varietà", tenuto dalla prof. Lucia Fontanella dell’Università di Torino: la persona che ha cambiato la mia vita di insegnante, che mi ha assistito nei percorsi didattici che ho sviluppato nei miei primi anni da insegnante, e che ancora oggi mi consiglia sulle proposte che faccio alle mie classi.
L'idea di didattica che ci ha offerto fin dalla prima ora di lezione era incentrata sugli strumenti di consultazione (in particolare i dizionari) e su una rimeditazione delle ore di grammatica a scuola: ricordo benissimo che uno dei primi testi che ci ha consigliato è stato il volume Linguistica ed educazione linguistica (1978) di Monica Berretta.
Il primo dizionario (in formato elettronico) che ci è stato presentato è stato il DISC, con tutti i suoi apparati. Ricordo i giochi linguistici che c'erano al suo interno (difficili!). Essendo io curioso e molto interessato alla grammatica, gironzolando nel dizionario ho notato delle formule un po' enigmatiche, associate alle voci verbali: erano le formule valenziali. È con la loro scoperta che ho iniziato prima a interessarmi, poi a studiare il modello valenziale.
Per iniziare a formarmi un'idea più precisa, il primo
testo di cui sono andato in cerca è stato "La comunicazione e gli usi
della lingua" (Loescher) del prof. Sabatini, libro che ho avuto la fortuna
di reperire in una libreria dell'usato e che mi ha permesso di iniziare a
mettere insieme le idee: verbi, formule sul dizionario, cose che in una frase dovevano esserci, altre che non erano essenziali,
rappresentazioni
grafiche delle strutture frasali molto affascinanti...
Insomma, un modo completamente diverso di guardare
alla sintassi, molto stimolante! Soprattutto, molto logico! Che mi permetteva
di rintracciare nella mie competenze di parlante tutti gli strumenti e i
criteri per distinguere i diversi legami con i quali si formano le frasi nella
mente!
Concluso
il percorso di formazione presso la SIS, sono arrivati i giorni dell’individuazione
della scuola in cui lavorare. Ho avuto la possibilità di scegliere come primo
istituto la media in cui insegno tuttora: la Scuola Secondaria di I grado “G.
Gozzano” di Caluso, in provincia di Torino. L’ambiente si è dimostrato subito
molto accogliente, sia per quanto riguarda i colleghi, sia per quanto riguarda
la dirigente, prof. Marzia Giulia Niccoli, che fin dal primo colloquio ha dimostrato
interesse per il tipo di proposte didattiche che avevo in mente, su cui avevo
lavorato e per le quali mi ero preparato negli anni precedenti.
Si
trattava di proporre alle mie classi percorsi di educazione linguistica basati
su due assi fondamentali: la pratica degli strumenti di consultazione
(soprattutto di carattere lessicografico) e l’autoproduzione di materiali di
apprendimento. L’idea era quella di una classe-laboratorio. Per fare questo,
avevo bisogno di un videoproiettore (le LIM non c’erano ancora) e di lavorare
con un PC (oltre che di alcuni strumenti di consultazione), in modo da rendere
corale e condiviso tutto quel che si svolgeva in classe e di dedicarmi alla
grammatica avvalendomi di una risorsa a mio parere fondamentale: la GRAFICA.
Intanto
le mie letture si erano estese. Avevo studiato il fondamentale Elementi di
sintassi strutturale di Tesnière e avevo allargato la mia attenzione anche ad
altri indirizzi di studio della sintassi che già all’università avevo affrontato.
Ecco
quindi i primi giorni di lezione. Ed ecco la cosa più gratificante di tutte: l’interesse
dei miei allievi! Che sin dal primo anno hanno partecipato attivamente, con la
loro curiosità, il loro ingegno, e la loro passione per la scoperta, ai
percorsi che ho iniziato a proporre. Sono davvero loro i protagonisti del modo
col quale la valenziale è diventata uno degli assi portanti del nostro modo di
riflettere sulla lingua in classe.Con l'inizio della sperimentazione del modello in classe, sono iniziate anche le prime difficoltà di ordine didattico che solo la pratica effettiva poteva far emergere (Come strutturare un percorso esaustivo? Cosa fare prima, cosa dopo? Quanto approfondire l’osservazione di determinati fenomeni? Che rapporto stabilire con le modalità di analisi tradizionali?).
Benché la risposta degli allievi fosse più che soddisfacente, il loro interesse alto e le mie idee sul come procedere chiare, ho sentito il bisogno di confrontarmi su alcune questioni teoriche e metodologiche con alcuni professori dell’Università di Torino e con studiosi di altre Università, che si erano dedicati alla valenziale e alla sua divulgazione in prospettiva didattica.
In
questo modo ho avuto l’opportunità di entrare in contatto prima, poi di
confrontarmi – consolidando un rapporto di fiducia e di amicizia – con il prof.
Francesco Sabatini, che è stato anche ospite della nostra scuola. I suggerimento e l'incoraggiamento che il prof. Sabatini mi ha dato sono stati per me
fondamentali per proseguire il mio percorso di didattica del modello.
Le
riflessioni che sono scaturite nel tempo sia dal confronto diretto con lui e
sia dalla consultazione e dall’adozione delle sue grammatiche scolastiche uscite
per Loescher (Sistema e Testo, 2011 e
la mia lingua, 2013) mi hanno
consentito di consolidare una programmazione organica e bilanciata, in cui
l’apprendimento degli studenti fosse favorito da un procedere nella riflessione
grammaticale sempre più specifico e articolato, senza mai perdere il contatto
con gli elementi portanti di ogni ambito di studio della grammatica.
Proprio
per questo, col passare del tempo (e andando ad affrontare fenomeni sempre più
complessi) ho elaborato con i miei studenti una modalità di rappresentazione
grafica delle frasi che da una parte si rifà alle rappresentazioni ad albero
rovesciato (gli stemmi) di Tesnière, dall’altra alle categorie teoriche e
terminologiche (argomenti, circostanti ed espansioni) elaborate dal Prof.
Sabatini.
Questo
è avvenuto perché in classe sentivamo il bisogno di disporre di uno strumento
che ci consentisse di lavorare con la grafica in modo rapido, esteticamente
soddisfacente e molto ordinato. La soluzione è stata dunque l’adozione di un
bellissimo, straordinario programma per la costruzione di mappe concettuali
(che, come si sa, spesso si presentano come strutture ad albero): Cmap.
Cmap
è davvero uno strumento eccezionale: in classe
lo usiamo tantissimo per costruire vere e proprie mappe concettuali di
linguistica e di geostoria ma, deflettendo dal suo uso “ortodosso” e dunque
piegandolo ai nostri bisogni grafici – anche per ottenere rappresentazioni ad
albero rovesciato delle strutture frasali dal forte mordente cromatico.
Il
risultato è che studiando la lingua i ragazzi costruiscono con le loro mani
delle vere rappresentazioni grafiche delle frasi e che – costruendo –
“fabbricano” il loro materiale di apprendimento; materiale che, unito alla
consultazione dei dizionari (il http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/in primis) e al libro di
grammatica, diventa la colonna portante del nostro lavoro.
D - Che rapporti intrattieni con la grammatica tradizionale?
R - Sono
molto sensibile all’importanza di non dimenticare mai da dove si viene. Quando
ero studente, è stata la grammatica tradizionale quella che ho studiato (spesso,
con alcuni insegnanti, divertendomi!). Come dimostra con rigore, precisione -
in prospettiva storica - il libro di Giorgio Graffi La frase: l’analisi
logica (Carocci, 2012) ci sono concetti dell’analisi tradizionale che non possono
essere accantonati.
Tutto
il lavoro di riflessione metalinguistica che sviluppo nelle mie classi non si
pone come opposizione (o rifiuto) al modello di analisi tradizionale di cui molto deve essere
mantenuto e magari aggiornato (penso in particolare all’analisi del periodo e
alle sue utili classificazioni) ma, piuttosto, come l’occasione di una rivisitazione
critica di molti suoi concetti (penso qui invece ai tanti complementi
dell’analisi logica e all’arbitrarietà “semantica” con cui spesso vengono
appioppati ai costituenti frasali) che la prassi scolastica tradizionale
mantiene e che spesso deviano dai tanti centri di riflessione che la ricerca linguistica
moderna ha individuato negli ultimi decenni applicando rigorose metodologie
scientifiche (penso al verbo, al ruolo esclusivo che ha nel dare un significato
davvero preciso ai “complementi”, ecc.).
In
effetti alcune delle mappe di linguistica che ho costruito con i miei allievi
presenta proprio un taglio comparativo: vengono osservati gli stessi fenomeni
da due punti di vista. Quello della linguistica moderna e quello della
grammatica tradizionale.
Insomma,
per fare un esempio pratico, seguendo questo approccio critico-comparativo in
classe, gli studenti imparano a osservare che nella frase “Silvia pensa di
partire per Milano” il costituente “di partire per Milano” è tradizionalmente una
“subordinata oggettiva implicita di I grado”. Ma prima di questo (e insieme a questo) sanno riconoscere che “di
partire per Milano” è il 2° argomento oggetto diretto richiesto dal verbo
“pensare” (un elemento dunque indispensabile al verbo). E osservano anche che il
“di” di “di partire per Milano” è tradizionalmente
considerato una preposizione ma (richiamando la prospettiva della grammatica
generativa) va piuttosto considerato come un "complementatore", ossia un semplice
introduttore del secondo argomento oggetto diretto
(cioè, appunto, non introdotto da preposizione) richiesto da questa specifica
accezione del verbo ‘pensare’ per formare il nucleo della frase.
Ma non vorrei addentrarmi troppo negli aspetti tecnici. Metterei in ombra ambiti
della pratica della grammatica valenziale che invece sono tra i più larghi:
oltre alla forte connessione con la pratica dei testi, il modello favorisce in
massima misura la riflessione semantica (penso in particolare all’attenzione
richiesta nell’individuazione dei vari significati che può assumere uno stesso
verbo, alla sua polisemia) e, contemporaneamente, l’arricchimento lessicale
(che tipo di parole, argomenti, può reggere un verbo? Quali sono i ruoli
semantici che possono assumere i vari argomenti? E se ne faccio un uso
figurato?). E così via. Insomma, si studia la grammatica ma si accresce tantissimo
il proprio lessico e il suo trasferimento consapevole in messaggi reali, in
testi.
D - E i rapporti coi colleghi come vanno?
R - Ho
iniziato a proporre lo studio del modello nelle mie classi circa otto anni fa.
Consolidandone la pratica e apprezzando i risultati che i miei allievi
raggiungevano, ho iniziato a proporlo ai colleghi interessati, attraverso dei
corsi propedeutici.
Nel
tempo, a volte con qualche titubanza riconducibile all’iniziale scarsa
confidenza con i suoi concetti e la sua terminologia, diversi colleghi hanno
iniziato la sua pratica nelle loro classi (quest’anno, per dare un’indicazione,
cinque classi prime hanno rinnovato l’adozione di Conosco la mia lingua). Oggi alcuni di loro ne hanno consolidato la
pratica e sono ormai insegnanti con tante ore di esperienza alle spalle.
Negli
ultimi anni, sono arrivate delle richieste di formazione da parte di altre
scuole. Così, da qualche tempo, ho iniziato a tenere presso la nostra scuola dei
corsi per docenti esterni. Anche più corsi in un anno (modulati su un livello
base ed uno avanzato). Corsi che hanno sempre avuto per me come obiettivo la
diffusione del modello nelle scuole del nostro comprensorio, anche in un’ottica
di curricolo verticale.
Mi
fa piacere ricordare che l’anno scorso, in occasione di due di questi corsi
aperti a docenti esterni, hanno tenuto l’ultima lezione - in veste di formatori
- i miei stessi allievi (delle allora classi II C e II M) che, senza alcun
programma prestabilito e senza la preliminare conoscenza delle domande che gli
sarebbero state rivolte, si sono messi a disposizione della curiosità dei
colleghi per mostrare quali erano le competenze linguistiche maturate in due
anni di lavoro sul modello. I
ragazzi hanno ricevuto tanti complimenti e sono contento di avere l’occasione
di ringraziarli ancora una volta in questa occasione per la loro disponibilità.
Proprio
in questi giorni, anche su proposta di colleghi di altre scuole che hanno
partecipato ai corsi di valenziale organizzati dalla nostra scuola, si sta
istituendo una rete tra scuole anche sul nostro territorio: un nuovo “Circolo
valenziale” come altri di cui hai parlato in questo blog. Sarà formato
dalla Media Gozzano di Caluso, dall’Istituto Comprensivo di Pavone Canavese,
dall’Istituto Comprensivo Settimo IV (di Settimo Torinese), dall’Istituto
Comprensivo di Volpiano e dal Circolo Didattico di Caluso.
Altri
istituti stanno dando segnali di interesse per questa iniziativa e l’obiettivo,
tra gli altri, è di diffondere, a partire dall’esperienza e dalle
sperimentazioni dei singoli docenti che hanno scelto di partecipare attivamente
alla rete, la pratica del modello sia all’interno delle nostre scuole e sia
nelle altre scuole della nostra area, anche in prospettiva verticale.
Per
me è fonte di grande piacere fare finalmente parte di un gruppo di docenti che
si impegna in un confronto continuo sulla pratica del modello: l’immagine che
più ricorre nella mia mente è proprio quella di un sodalizio di insegnanti che
si siede ad un tavolo e pensa, propone, discute, affronta problemi e propone
soluzioni utili per un continuo miglioramento della didattica dell’italiano
nelle nostre scuole.
Mi piace pensare che questa
rete possa crescere nel tempo, articolarsi e diffondere sempre di più la
pratica del modello attraverso una sua equilibrata modulazione
nei diversi ordini di scuola.
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