Pagine personali

Siti utili

domenica 3 novembre 2019

Verbi che hanno cambiato la storia (9 novembre 1989)

Foto ANSA
Il 9 novembre 2019 ricorrono trent'anni dalla fine della guerra fredda e del bipolarismo Usa/Urss.
Nel suo libro, da poco uscito per Salerno Editrice (La sfida di Gorbaciov. Guerra e pace nell'era globale), Giuseppe Vacca auspica che, insieme alle celebrazioni, venga avviata una "riflessione critica sul mondo che ne è scaturito". Perché ciò avvenga, tuttavia, sarebbe necessario confrontare e ripensare le narrazioni, a partire dai verbi che usiamo per parlare dell'evento di maggiore forza simbolica che segnò quella stagione:
se si continuerà a dire che il 9 novembre 1989 il muro di Berlino "cadde", non sarà facile comprendere la portata storica di quell'evento. I muri non cadono da soli ma, a meno di circostanze naturali come i terremoti [...], vengono rimossi da qualcuno: gli stessi che li avevano costruiti oppure altri. Mi si dirà: qual è il problema? [...] tutti abbiamo negli occhi le immagini delle migliaia di cittadini della Repubblica democratica tedesca che lo abbatterono [...]. Il muro, quindi, cadde perché fu rimosso dai cittadini che ne erano stati vessati e oppressi per quasi un trentennio. Ma dire "cadde" o "fu rimosso" non è proprio la stessa cosa: la prima espressione non evoca né azione, né soggetti; la seconda invece sì, e sorgono subito alcune domande: perché allora e non prima o dopo? E se le mazze e i picconi che abbatterono il muro erano maneggiati, materialmente, da cittadini della Rdt, chi ne aveva resa possibile l'iniziativa? (estratto dell'Introduzione, pubblicato sul Domenicale del Sole 24 ore il 20 ottobre 2019) 
Nella riflessione di Vacca, rimuovere, un verbo agentivo (che comporta la volontà di un agente), sia pure usato alla forma passiva (che permette di lasciare l'agente sullo sfondo e di non nominarlo), è opposto a un verbo non agentivo come cadere. 
Parliamo della caduta o del crollo (altro nome deverbale) del muro di Berlino (il bastione principale della "cortina di ferro") come se si fosse trattato di un evento prodottosi per cause naturali, o per l'incuria umana protratta nel tempo. Si trattò invece di un evento (traumatico per alcuni, liberatorio per altri) legato all'azione umana (realizzato con strumenti come picconi, asce, mazze), riconducibile a scelte politiche precise (l'indirizzo riformista di Gorbaciov, capo del Cremlino) e a un equivoco - come racconta Bernardo Valli in una intervista apparsa su "Robinson": una dichiarazione incauta del portavoce del partito comunista tedesco orientale, in cui veniva presentata come una decisione (da eseguire subito, immediatamente) quella che era solo un'intenzione del capopartito Egon Krenz (aprire nuovi punti di passaggio nel Muro in cambio di aiuti economici dalle autorità occidentali al governo comunista che stava fallendo). Sarebbero stati due avverbi (sofort e unverzüglich), insomma, a far cadere il muro... 


Ma torniamo ai nostri verbi: sulle stesse pagine del supplemento di Republica, Emanuele Macaluso, intervistato da Antonio Gnoli, ricorda che il 10 novembre l'Unità (il giornale del partito comunista italiano) titolò:
Si è aperto il muro di Berlino
evitando per cautela di usare la parola crollo, evocativa di un terremoto politico (simile a un altro storico crollo: quello dell'Impero romano, caduto sotto l'urto dei Barbari) che evidentemente ancora si sperava di poter scongiurare.
Qui la scelta di un verbo come aprire (normalmente usato per parlare di una porta, di un varco, di una breccia) si unisce all'uso del si passivante, che fa apparire il fatto come un evento spontaneo e casuale, se non fatale. La posizione del soggetto, poi, dà all'intera frase una sfumatura "eventiva" (la frase risponde a un'ipotetica domanda: "Che cosa è successo?"), dato che in primo piano appare il verbo. Diverso sarebbe stato l'effetto di una frase col soggetto anteposto (Il muro di Berlino si è aperto. - In risposta a "Che cosa è successo al muro di Berlino?").


Riepilogando dal punto di vista grammaticale:

CROLLARE e CADERE verbi monovalenti (richiedono il solo soggetto) intransitivi con ausiliare "essere" (possono essere posposti al verbo); il primo predilige soggetti inanimati, il secondo soggetti animati (per cui cadere tende a "personificare" il muro più di quanto non faccia il verbo crollare) che compiono però un'azione involontaria (il soggetto dunque non è "agente", responsabile della caduta o del crollo, ma "paziente", dato che ne subisce le conseguenze, anche se il verbo è in forma attiva). 

RIMUOVERE verbo bivalente transitivo (richiede il soggetto: "chi ha rimosso" e l'oggetto: "chi o cosa"), eventualmente con specificazione dell'origine dello spostamento ("da dove": in questo caso il verbo diventa trivalente). 

Mi sono soffermata su questi verbi per mostrare come, anche in una lezione di storia, l'analisi valenziale della frase aiuti a capire e decodificare il racconto dei fatti.

Vale la pena inoltre ricordare che nella Germania ancora divisa, dall'una e dall'altra parte del muro, hanno lavorato germanisti che hanno contribuito a sviluppare il concetto tesnièriano di "valenza verbale": a est, Gerhard Helbig e Wolfgang Schenkel, presso lo Herder-Institut di Leipzig (Lipsia); a ovest, Ulrich Engel e Helmut Schumacher, attivi a Tübingen - come il latinista Heinz Happ, che introdusse il concetto in Italia, per tramite di Germano Proverbio (Università di Torino), alla fine degli anni Settanta.


P.S.: Mi soffermo a commentare anche un verbo che ho usato all'inizio di questo post: ricorrere, verbo bivalente intransitivo che, usato in accezione temporale (di "ripetersi"), può richiedere come secondo argomento un'espressione di tempo: L'anniversario della caduta del muro di Berlino ricorre tra una settimana. Se non specificassi "quando" (tra una settimana), la frase sarebbe monca (*L'anniversario ricorre...).
Diverso il caso in cui a una frase già completa, come Il muro di Berlino è caduto/crollato aggiungo la specificazione del tempo (es. nel 1989 o il 9 novembre 1989). In questo caso l'espressione di tempo esprime una circostanza che incornicia dall'esterno l'intera frase: è un'espansione.
Naturalmente il verbo ricorrere può essere usato anche in altre accezioni: rimanendo all'interno della stessa narrazione, posso dire che I cittadini della Rtd ricorsero a mazze e picconi, che Le autorità non ricorsero alla forza e che Nessuno pensò di ricorrere a un tribunale.
Il lessico si amplia e si rafforza anche così...


Nessun commento:

Posta un commento