lunedì 8 aprile 2019

Fra cinese e italiano (sul libro rosso di ItaStra)



A Palermo si fanno esperienze bellissime. Ce le racconta un libro rosso nato dalla collaborazione tra l'ItaStra (Scuola di Italiano per Stranieri dell'Università di Palermo) e la SISU University di Chongqing.
L'indice del volume, curato da Mari D'Agostino e Vincenzo Pinello con Chen Ying e Yang Lin (italianiste e traduttrici letterarie cinesi), mostra l'ampiezza delle prospettive dello scambio: persone e idee in movimento, studenti in scena, letterature allo specchio.
Ho imparato moltissimo leggendo questo libro e parlando con gli amabili colleghi (Luisa Amenta e Vincenzo Pinello) che me lo hanno offerto: quanto e come si studia l'italiano in Cina, quali sono gli approcci nella didattica del cinese L2 da Matteo Ricci a oggi, come si raccontano i giovani e le giovani cinesi attraverso lo strumento dell'autobiografia linguistica (secondo lo schema proposto da Mari D'Agostino nel volume Sociologia dell'Italia contemporanea), come hanno lavorato e lavorano con la grammatica valenziale e i grafici radiali, sotto la guida esperta di Vincenzo Pinello.

Per l'apprendente cinese, difatti, il modello della verbo-dipendenza risulta particolarmente efficace, capace com'è di colmare sia la distanza di tipo linguistico tra il cinese (lingua priva di morfologia) e l'italiano (lingua dalla morfologia ricca e complessa), sia la diversità dei sistemi scolastici dei due Paesi (che Pinello ha il merito di descrivere rovesciando stereotipi diffusi sia sui presunti ostacoli legati all'apprendimento della lingua italiana da parte di studenti sinofoni, sia sul loro stile di apprendimento).
Partire dalla frase consente agli studenti sinofoni di sfruttare conoscenze sull'ordine basico degli elementi (SVO), che è lo stesso in italiano e in cinese (nonché in una lingua ponte che la/lo studente cinese conosce fin da bambino, come l'inglese); di fare leva sulla trasparenza semantica tipica della propria lingua madre (e sull'abitudine a focalizzare la dimensione semantica della parola) per comprendere la proprietà del verbo di attivare legami che sono semantici e sintattici insieme; di utilizzare le conoscenze sui modificatori del verbo cinese per identificare gli elementi che in italiano modificano il verbo o la frase, e così via.
Di grande interesse la prova di individuazione dei “circostanti del nucleo”, elementi che facilitano fortemente l’apprendimento dell’italiano da parte dei sinofoni, che sia nella lingua madre, sia nella lingua ponte, anticipano ordinariamente i modificatori del nome.

Vedere con quanto rigore e felicità euristica il collega da anni applichi il modello e gli schemi radiali, sfuggendo alla tentazione di deformarne o ibridarne terminologia e modalità di rappresentazione grafica a suo piacimento. Capire fino a che punto ci si possa spingere con apprendenti non madrelingua, arrivando a complessificare le strutture della frase semplice e a ricontestualizzarle nell'enunciato e nel testo... una lezione importante e stimolante per me e per noi. 

E poi il libro si conclude con una splendida intervista a uno dei "miei" poeti, Milo De Angelis, che offre alle studenti cinesi che lo interrogano e a noi che lo leggiamo una limpida lezione sulla lingua poetica e sulla tradizione lirica italiana. Anche di questo ringrazio le curatrici e i curatori.

P.S.: Nel volume si trova anche un ottimo quadro di sintesi sulla riflessione linguistica nell'insegnamento dell'italiano L2/LS e nella classe plurilingue, scritto da Luisa Amenta.

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