mercoledì 15 novembre 2017

Grammatica in 3D


Sembra da tutti assodato che lo spazio, ossia il mondo 3D, si qualifichi come "organizzatore pervasivo" della conoscenza della realtà e base su cui strutturare gli apprendimenti", eppure [...] gli insegnanti di solito richiedono ai bambini prestazioni 2D e, solo successivamente, propongono esperienze 3D, dimenticando che lo spazio rappresenta una dimensione fondamentale di qualsiasi tipo di esperienza.

Traggo questa citazione dal volume Infanzia e matematica di Bruno D'Amore. Lavorando a contatto con i didatti della matematica della scuola bolognese, mi sono resa conto di come da tempo le loro pratiche di sperimentazione (a partire dalla scuola dell'infanzia) si siano orientate verso attività che consentano al bambini di partire da una lettura intuitiva della realtà circostante, basata sull'osservazione di ciò che si può vedere e toccare, perché reale e concreto.

Se è vero - come sosteneva Galileo - che il libro della natura "è scritto in lingua matematica", e " i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola", l'esplorazione della natura da parte del bambino prevede prima l'incontro con figure solide: la palla prima del cerchio, il cono prima del triangolo, le scatole a forma di cubo o di parallelepipedo prima dei quadrati e rettangoli, gli spigoli prima dei vertici, le facce prima dei lati...
Le figure piane, infatti, sono sezioni delle figure solide, di fatto prive di spessore (per immaginarle dobbiamo rinunciare a una dimensione). Si tratta cioè di astrazioni.
Un processo adeguato di concettualizzazione dello spazio realizzato attraverso la geometria, pertanto, dovrebbe seguire percorsi che vadano dal concreto all'astratto, dalle figure solide alle figure piane, dal plastico alla mappa.     

Ora, è chiaro che, da un punto di vista scientifico, la geometria solida presenta maggiori difficoltà di sistemazione razionale rispetto alla geometria piana, ma per quanto riguarda l'apprendimento spontaneo e l'avvicinamento a una prima rappresentazione mentale del mondo fisico sottoforma di oggetti matematici, la figura piana è più sofisticata di quella solida e può essere concepita solo a partire dalla seconda.

Lo stesso vale, e dovrebbe valere come pratica didattica, nell'ambito della riflessione grammaticale, e in particolare per l'osservazione dell'organizzazione della frase, che è l'unità "minima" concreta e sensata (perché collegata a un'intenzione comunicativa) con cui i bambini hanno a che fare finché sono immersi nella lingua parlata. Solo all'interno  della frase diventa possibile osservare, ed eventualmente classificare, le singole parole. Le "parti del discorso" (nome, verbo, aggettivo ecc.) acquistano spessore e significato solo all'interno di un discorso nel quale sono inserite e in cui funzionano secondo certe regole fissate dalla grammatica della lingua.  

Non deve stupirci, allora, che le Indicazioni nazionali suggeriscano, alla primaria, di partire dalla frase per avviare la riflessione grammaticale. E che allo stesso modo si orientino le esperienze più innovative di costruzione di un curricolo verticale.
Ma tanta strada resta da fare: non solo per sradicare misconoscenze grammaticali che ostacolano gli apprendimenti successivi, ma anche per modificare le pratiche degli insegnanti, costruite sulla base delle memorie scolastiche e di una trasmissione prevalentemente passiva di contenuti tradizionali, con minime personali aggiunte e reinterpretazioni legate alla consultazione dei libri di testo più che alla lettura dei documenti ministeriali o a occasioni di aggiornamento.


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